Le aziende che non lavorano sulla sostenibilità non hanno futuro
Franco Fenoglio, amministratore delegato e presidente di Italscania, azienda produttrice di veicoli industriali spiega come affrontare la transizione. «Iniziamo a utilizzare ciò che di buono c'è già: il diesel Euro 6 ha abbattuto il particolato del 95 per cento»

Ascoltare Franco Fenoglio, amministratore delegato e presidente di Italscania, è un buon esercizio per riflettere sugli aspetti più controversi del trasporto su gomma e la sostenibilità ambientale di questo business. Certo, lui è parte interessata, in quanto Scania costruisce e vende veicoli industriali, i “bisonti” che vediamo attraversare in lungo e in largo la penisola. Ma il suo intervento alla giornata di studi sull’economia circolare e la sostenibilità, organizzata dall’università Liuc di Castellanza, ha avuto il merito di aprire il dibattito su convinzioni molto diffuse che si rifanno a veri e propri luoghi comuni. (Foto di Peter H da Pixabay )
L’esempio principale riguarda l’impatto ambientale dei motori diesel, in particolare gli Euro 6 che, dati alla mano, hanno abbattuto il particolato del 95 per cento. «Tutti stiamo lavorando per l’elettrico e l’idrogeno – ha detto l’ad di Scania – ma dobbiamo fare una transizione per far sì che il mito dell’elettrico diventi realtà, quindi iniziamo ad usare ciò che di buono c’è già, a partire dai nuovi motori Diesel, il biometano e Lng (il gas naturale liquefatto) che è a bassissimo impatto ambientale e può essere utilizzato anche dai mezzi pesanti. Altrimenti tra trent’anni ci chiederanno: ma chi è che ha immesso nell’ambiente tutte queste batterie?».
In Italia il 76% delle merci viaggia su gomma, peggio di noi fanno l’Inghilterra e la Spagna con il 90%. La Germania, come al solito, è la prima della classe. Il governo tedesco fin da subito ha capito che la sostenibilità richiede un investimento necessario, nella consapevolezza che i frutti si vedranno nel breve e medio periodo. E così la Germania ha investito sulle infrastrutture trasformando il trasporto merci nella bandiera del paese.
La situazione italiana è paradossale perché a fronte di un parco mezzi piuttosto vecchio, gli unici che si stanno muovendo per svecchiarlo, secondo Fenoglio, sono i privati mentre lo Stato dà un pessimo esempio. In Italia ci sono 652mila mezzi con un’età media di 13 anni e circa 420mila mezzi pesanti sono ante euro 4. «L’età media dei mezzi pubblici è compresa tra i 20 e 25 anni – ha concluso Fenoglio – quindi lo Stato non ha investito in sostenibilità. Con la transizione in atto riusciremo a mecciare gli obiettivi dell’Unione Europea se utilizziamo le soluzioni a portata di mano e se facciamo investimenti: ci sono 130 miliardi di euro pronti per essere spesi in infrastrutture per lavorare sulla logistica. Le aziende che non lavorano sulla sostenibilità non hanno futuro».
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