Tex Willer, l’Irlanda e la libertà: il ricordo di Giulio Giorello a Glocal 2020

La seconda serata di Glocal 2020 è dedicata al filosofo Giulio Giorello, scomparso in giugno dopo aver contratto il Covid: in dialogo il giornalista Michele Mezza con il direttore Marco Giovannelli

giorello

«Stasera non vogliamo ricordare Giorello filosofo, ma come protagonista di vita, un incontenibile ed esuberante militante della vita, che viveva e condivideva intensamente con gli altri», ha esordito il giornalista Michele Mezza in apertura della seconda serata di Glocal 2020, dedicata al filosofo della scienza Giulio Giorello, erede di Ludovico Geymonatscomparso lo scorso giugno.

Dopo la trasmissione di un lungo video che ha visto il contributo di molte persone a lui vicine – prima tra tutte la moglie, Roberta Pelachin, intellettuale e saggista – il panel è stato moderato da Mezza, in dialogo con il direttore di VareseNews, Marco Giovannelli: ne è uscito il ritratto di un intellettuale sfaccettato, ancorato al valore primigenio di libertà, di giornalista e di fedele lettore dei fumetti.

L’IRLANDA E I FUMETTI

Due passioni hanno alimentato la sua vita, prima tra tutte l’amore incondizionato per i fumetti, soprattutto Dylan Dog e Tex Will ller, verso cui aveva spesso l’approccio del filosofo e del filologo, senza però dimenticarsi di assaporare il gusto delle loro avventure. «Usava i fumetti per spiazzare in maniera sarcastica – non senza un velo di ferocia – in cui introduceva queste sue analisi psicologiche e psichiatriche di Tex Willer, di Dylan Dog, inquadrandole in contesti filosofici. Era un gioco che tendeva e in cui tutti cadevano sempre, sbigottiti», ha ricordato Mazza.

L’altra era per l’Irlanda, la sua seconda patria: «Un’isola mai colonizzata dai romani, ci sono riusciti solo gli inglesi; ha molti miti e tradizioni, e,  seppur suddivisa in comunità, è una nazione molto unita. Amava l’Irlanda perché amava la libertà. Ne condivideva il gusto, il senso della vita, nel modo di stare nelle città, nei villaggi e nei pub, modi di socialità diversi rispetto a noi mediterranei».

Irlandese era John Stuart Mill, un autore da lui molto ammirato per aver compreso il concetto di dittatura della maggioranza come nuova minaccia per l’individuo: la schiavitù alla pubblica opinione. «Il gioco dei numeri ci fa credere che questa scelta sia giusta di per sé, che sia verità. Io mi sono posta questo problema pensando al digitale: questa piacevolezza che dà, questa assuefazione, è pericolosa perché diventiamo schiavi volontari», ha spiegato Pelachin.

L’ALGORITMO E I DATI NEL GIORNALISMO

Marco Giovanelli ha ricordato la serata di Glocal del 2016, quando Giorello è stato ospite insieme al sociologo Derrick De Kerckhove per dialogare e riflettere sul futuro dell’algoritmo, quando si parlò di convergenza dei saperi.

«Le sue parole di quattro anni fa sembravano tracciare un futuro lontano, eppure eccoci qui, quattro anni dopo, a sentire la parola algoritmo, insieme ai dati, quasi ogni giorno insieme sui media nazionali», ha detto il direttore.

Tra De Kerckove e Giorello, il protagonista è l’algoritmo

«Ha sempre spiegato il dato come la negoziabilità, la relatività del numero  – ha continuato Mezza – il vero squarcio è stato quando ha cominciato a raccontarci delle lettere tra Alan Turing e Claude Sharon, di quando, nel Dopoguerra, riflettevano sulla relatività del numero e di come vada contestualizzato. E noi stiamo vivendo in questi giorni la tragedia dei dati».

Non è stato poi dimenticato Giorello giornalista, che ha collaborato con La lettura del “Corriere della Sera” fino a pochi giorni prima della morte: «Non diceva mai di no: essere presente nell’informazione per lui era importante».

Che tipo di sviluppo ulteriore ci sarà per il giornalismo digitale? «Giulio – ha risposto Mezza – mi ricordava una lettera di Claude Shannon a George Bernard Shaw in cui faceva un ragionamento intorno a un dato, la parola intelligence, che in inglese intende sia informazione che intelligenza. Lui poneva il problema di come l’intelligenza sia un flusso di comunicazione; oggi questa lezione sta diventando implacabilmente il destino del nostro mestiere e rischia da una parte di frantumare le tradizioni: Shannon ha scritto che fare informazione è spostare un contenuto da un punto all’altro nello spazio, a volte anche solo con un senso».

Per rivedere l’incontro su Youtube, se ve lo siete persi

«Noi siamo sempre stati convinti che ci pagassero perché davamo un senso, ma ci hanno pagato perché spostavamo. E quando è arrivato qualcos’altro a spostare ci hanno pagato di meno», ha continuato Mezza riflettendo sul presente e sul futuro dell’informazione perla quale si auspica un ritorno dell’informatica nelle redazioni giornalistiche.  «Senza il ritorno degli informatici in redazione questa partita non si vince, perché loro sono una forma di giornalismo a tutto tondo. Per cui la partita si giocherà nell’avere saperi, procedure e competenze convergenti per negoziare permanentemente le forme di automatizzazione dei sistemi redazionali. Ci pagheranno per quello, il resto è poesia»

LA MALATTIA

«Giulio è stato mille cose – ha affermato Mezza – ma l’ultimo messaggio che ci ha mandato è che questa malattia ti cambia l’anima». Giorello a metà marzo ha contratto il Coronavirus a marzo e da quel momento è iniziata una lunga sofferenza fino al decesso del filosofo. Ricoverato solo a metà aprile, dopo tre settimane di richieste, ha trascorso due mesi in ospedale: «Giulio è uscito con due tamponi negativi dopo 2 mesi di ospedale, dopo 6 giorni in cui io avevo chiamato tre volte l’emergenza Coronavirus; si è indebolito sempre di più e il cuore non ce l’ha fatta», ha raccontato Pelachin.

Giorello, che viveva la libertà nel concreto, «ha vissuto la malattia come una coercizione; il Covid ha aumentato la sua componente libertaria. Il primo giorno di malattia mi dettò affinché scrivessi un suo pensiero: Potersi muovere senza restrizioni almeno nella nostra città era una libertà data scontata e che sembra che il Coronavirus abbia cancellato».

«Questo Covid – ha concluso – non è un’influenza, perché attacca gli organi deboli. Ricordiamocelo, perché il sacrificio di lui e di tanti altri non vada dimenticato».

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com

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Pubblicato il 14 Novembre 2020
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