Uisp Varese, si chiude la presidenza Paleni: “Otto anni di crescita senza dimenticare i più deboli”
Termina dopo due mandati l'esperienza del presidente uscente. "Al mio posto toccherà a una donna. Le federazioni? Non sono monopoliste: lo sport di base fa bene anche a loro"
La fine di un anno è spesso tempo di bilanci. Se poi gli anni sono ben otto – quelli trascorsi da Giacomo Paleni alla presidenza di Uisp Varese – e coinvolgono una associazione con migliaia di tesserati, il bilancio diventa ancora più necessario e un fatto pubblico.
Con la fine del 2020, Paleni lascerà l’incarico come prevedono i regolamenti (ha portato infatti a termine il secondo mandato consecutivo) garantendo però continuità, almeno per un certo periodo, al gruppo dirigenziale che gli succederà. “Squadra” ancora tutta da scoprire a partire dalla presidenza, visto che nessuno ha avanzato la propria candidatura per l’assemblea del prossimo 9 gennaio alla quale però, si dovrebbe arrivare con una convergenza di vedute su un singolo candidato che raccolga il testimone dallo stesso Paleni.
«Stiamo lavorando proprio per quell’obiettivo: portare in assemblea un nome condiviso che assuma l’incarico. Nome che per il momento non voglio fare ma che è stato già individuato: si tratta di una donna e sta valutando la proposta, mi auguro che la accolga».
Nell’attesa del suo successore, è tempo di un bilancio per questi otto anni di Uisp Varese.
«Innanzitutto mi piace ricordare che Uisp è una grande associazione, con valori chiari, importanti e ben definiti che sono sempre rimasti in primo piano in questo periodo. Poi per un bilancio credo sia necessario parlare di numeri: tra il 2012 e il 2020 i tesserati sono passati da 13mila a 19mila mentre le società sono cresciute di una trentina, da 180 a 210 circa in tutta la zona su cui operiamo. Le cifre sono più che positive, pensando anche all’ultimo anno difficile, e a queste va aggiunto l’impegno dal punto di vista gestionale, a sua volta importante. La sede è stata acquistata e rimodernata: anche questa è una bella eredità. E poi rimaniamo sempre rivolti verso gli sfortunati: i “primi” non ci interessano, a noi piacciono gli ultimi, i più sfortunati».
In un momento così complicato, è possibile fare previsioni per il futuro prossimo?
«Ora è davvero difficile e fino a quando non potremo riaprire campionati, sedi e manifestazioni per noi e per le società è davvero un pasticcio. L’augurio è che il vaccino ci possa aiutare a tornare alla normalità, per quanto possibile. Intanto teniamo duro e ci adeguiamo: all’assemblea ci sarà posto solo per una trentina di persone mentre le altre la seguiranno on line. Sopra la nostra sede c’è un teatro che consente il distanziamento, ci troveremo lì, sperando non capiti altre volte».
Quali sono i rapporti tra Uisp Varese e gli altri Enti di promozione sportiva? E quelli con le federazioni, spesso complicati a livello nazionale?
«A livello zonale abbiamo intessuto buoni rapporti soprattutto con due realtà importanti come il CSI e le Acli. Sono nate anche alcune collaborazioni interessanti e lo scambio è aperto. Invece per quanto riguarda le federazioni, semplicemente i rapporti non ci sono. Sul locale ognuno fa il proprio lavoro, su scala nazionale invece, appunto, c’è sempre un po’ di diatriba. Le federazioni devono capire che non hanno il monopolio dello sport di base e che anzi, quest’ultimo, può essere praticato altrove ma anche essere veicolo per le loro attività».
Per quanto riguarda la base, il vostro impegno rimane primario.
«Senza dubbio: il nostro compito resta quello di far praticare sport a tutti. A Varese Uisp riesce a dare spazio a 400 persone con disabilità mentale e a oltre 150 soci ultra ottantenni oltre a tutto il resto. Per fare un esempio: il basket è passato in pochi anni da un drappello di squadre a oltre duemila partite a stagione. Insomma, Uisp continua a essere una rete in grado di dare occasione di praticare sport ai cittadini, garantendo un maggior benessere sia fisico sia mentale. Il servizio sanitario dovrebbe fare un monumento a movimenti come il nostro: il valore, anche della prevenzione di molte malattie, è incalcolabile».
Chiudiamo con uno sguardo alla sua disciplina, il tennis, della quale è apprezzato allenatore. Come si spiega questo boom di ottimi giocatori italiani in contemporanea?
«Dopo il ritiro delle giocatrici che negli anni scorsi avevano portato tanti successi al femminile, c’è effettivamente un’ondata maschile importante. Non mi pare ci siano spiegazioni particolari, non penso che sia un merito particolare della Federazione; ora però ci sono e alcuni a partire da Sinner e Berrettini possono davvero fare grandi cose. Un’ondata che andrebbe sfruttata al meglio per allargare la base di praticanti e l’interesse sul tennis in generale come avvenne al tempo di Panatta nella seconda metà degli anni Settanta. Purtroppo la chiusura dei circoli, dovuta alla pandemia, sta rallentando questa attività ed è un peccato».
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