“Non è la prima volta”. Il primo lockdown è del 1630

Renzo Dionigi e Filippo Maria Ferro firmano un libro per Nomos Edizioni dove ripercorrono storie, leggende e immagini d'arte ispirate a epidemie e pandemie

Generica 2020

«Ordinerete subito che le persone della sua famiglia si serrino nella casa dove è morto, che le robbe dove è stato il malato e morto si separino dalle altre. La porta della casa per di fuori si spranghi. La famiglia del medesimo morto si alimenti dandogli i viveri per le finestre. E si faccia diligenza che non possino escire di detta casa da nessun luogo». Queste parole erano contenute nell’editto che gli ufficiali fiorentini, il 20 settembre del 1630, pubblicarono a causa della peste, quella raccontata da Alessandro Manzoni nei “Promessi sposi”.
(nell’immagine: Weltchronik, 1400-1410, Plague of frogs and maggots, Getty Museum, Los Angeles)

Le misure adottate dall’autorità del tempo furono quasi le stesse prese nei momenti più bui della recente pandemia generata dal Covid – 19. Anche allora vennero “chiuse” le frontiere, mettendo guardie ai valichi di montagna, e isolate le città, con posti di blocco militari alle principali porte di accesso.

Lo raccontano Renzo Dionigi e Filippo Maria Ferro nel libro “Non è la prima volta” (Nomos Edizioni) con riferimento ai ricorsi storici di epidemie e pandemie che da secoli portano dolore, morte e crisi economiche. A pagare il prezzo più alto nell’economia del tempo, come accade oggi, furono mercanti e artigiani che a causa delle restrizioni e del distanziamento sociale non potevano comunicare ed effettuare scambi commerciali con i mercati esterni.

NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA, TUTTO È COME UN TEMPO

La peste e le epidemie si ripetono nella storia fin dai tempi di Giustiniano con le stesse dinamiche e paure. Le comunità colpite vivono sospese tra speranza e disperazione, isolamento e cura, stravolgimento della socialità e ricerca di sicurezza. Le proteste sulle inefficienze dei lazzaretti c’erano anche allora, così come accade oggi per la mancanza di posti letto negli ospedali e nei reparti di terapia intensiva. Anche in passato, nei momenti in cui la cupa mietitrice faceva più vittime, molte sepolture avvenivano senza un rito che scortasse la vittima nell’ultimo viaggio verso il mondo della verità. Aggiungendo dolore morale a sofferenza fisica.
L’unica discontinuità con l’attuale pandemia è la consapevolezza – dietrologi permettendo – della provenienza dei virus, degli agenti patogeni in grado di scatenarle e dei vettori e, naturalmente, della possibilità di estirparla con il vaccino.

In passato i medici, non conoscendo la modalità di diffusione delle malattie, poco potevano contro la peste, la lebbra o il tifo. E così i ricchi spesso si affidavano a maghi e indovini oppure, in casi estremi, si rimettevano alla sentenza del Caladrio, un uccello simile a un gabbiano a cui si attribuiva la capacità di prevedere la sorte del malato. Il volatile veniva introdotto nella stanza del paziente e a seconda di come girava la testa si traevano conclusioni sulle possibilità di sopravvivenza o di morte dello sventurato.

ARTE E PANDEMIE

Non è la prima volta” è soprattutto un viaggio nell’arte che ha accompagnato nei secoli la narrazione popolare del “severo flagello”. Un viaggio affascinante che inizia dalle miniature medievali, con lo splendido Golden Haggadah di origine ebraico-sefardita, per approdare ai primi del Novecento segnato da un sofferente autoritratto di Edward Munch affetto dall’influenza Spagnola. In mezzo un florilegio di opere d’arte con il veneratissimo san Rocco, patrono degli appestati rappresentato da una nutrita schiera di artisti tra cui:  Giovanni Battista Tiepolo, Annibale Carracci, Alessandro Bonvicino (il Moretto) e Jacopo Palma il Vecchio.
Molte anche le opere devozionali dedicate a San Carlo Borromeo che cercò di alleviare, con cospicue donazioni e aiuti alle comunità colpite, le sofferenze cagionate dalla peste: si va dal quadrone in Duomo realizzato dal Cerano, il santo consola gli appestati alle capanne, alla tela di Ludovico Carracci in cui San Carlo battezza un neonato durante la peste, solo per citarne alcune.

L’IMMAGINE DEL CORONAVIRUS 

Il libro chiude con le immagini del Sars-Cov-2 che abbiamo visto riprodotte serialmente sulle pagine dei giornali, sul web e in Tv. Una sfera colorata con tanti filamenti disposti sulla superficie che donano a questo virus le sembianze di una corona che, se non fosse per il dolore e la morte cagionati, potrebbe essere definita bella e benigna.
Questa immagine è frutto della fantasia dell’uomo e pertanto soggetta alle più diverse interpretazioni. C’è chi ci vede una mina pronta a esplodere, chi mazzi di fiori esotici e chi, come i due autori, monili subdoli e crudeli.

NOMOS EDIZIONI

di Renzo Dionigi e Filippo Maria Ferro, pubblicato da Nomos Edizioni

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 19 Maggio 2021
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