“Sono stata in pensiero tutta notte per mio figlio: doveva andare a dormire alla Diaz”
Il racconto di Ivana Graglia, varesina, che è stata a Genova venerdì e sabato con gli amici del sindacato di base e il figlio

(Foto da Indymedia)
Siamo partiti presto con il pullman del sindacato di base, il venerdi 20, per poter arrivare alla manifestazione della mattina.
Già in quel corteo si intravedevano possibili problemi, perchè soprattutto nel rientro verso il pullman abbiamo visto le prime intromissioni dei cosiddetti black bloc: si toglievano le maglie nere e cercavano di intrufolarsi, fortunatamente respinti dal servizio d’ordine del corteo dei lavoratori, che si era autorganizzato per evitare incidenti. Dopo averli respinti, li abbiamo poi visti allontanare e bruciare cassonetti.
Concluso il corteo di venerdì 20 alcuni sono ritornati al pullman per tornare a casa, ma io e altri abbiamo deciso di rimanere: a Genova con me era venuto anche mio figlio, allora diciottenne, che però aveva preferito unirsi alla manifestazione delle tute bianche piuttosto che seguire la nostra. Della morte di Carlo Giuliani ho saputo da lui, che mi ha urlato nel telefono: «Hanno ammazzato un ragazzo! l’ho visto a terra! ho visto che polizia sparava!» e mi ha spiegato che si eran riparati in un portone.
Avevamo deciso di dormire a Genova, per poter partecipare anche alla manifestazione del sabato. Siamo andati in un centro sportivo, lo Sciorba, dove il Genoa social forum aveva organizzato degli alloggi, ma per arrivarci bisognava stare attenti: era pericoloso stare in gruppo perchè la polizia picchiava e disperdeva chi stava insieme. Ci siamo così uniti a un gruppetto di padovani, e con loro siamo riusciti a salire su un pullman. Gli autisti sono stati bravissimi: ci hanno portato al loro deposito, ci hanno fatto sciacquare e si sono coordinati con dei colleghi per poterci portare in un punto dove potevamo passare per raggiungere lo Sciorba.
Lì abbiamo incontrato altre persone che ci hanno raccontato la loro giornata: io in particolare ho parlato con un gruppo di donne di Roma, che avevano manifestato al corteo delle donne. Ci hanno spiegato che alla fine hanno visto arrivare un gruppo di persone vestite di nero che si è subito diviso: cosi la polizia ha cominciato a picchiare gli altri, cioè le donne della manifestazione. Loro si erano salvate perchè una genovese ha aperto loro un portone e le ha accolte in casa.
Nel campo abbiamo incontrato anche dei ragazzi di un oratorio della provincia di Varese: erano spaventatissimi perchè il loro pullman era stato bloccato dalla polizia, che è salita e li ha scortati fino in caserma, dove li hanno fatti sdraiare e li hanno impauriti agitando i manganelli, prima di lasciarli andare.
Il giorno dopo abbiamo seguito la manifestazione del sabato e siamo ripartiti: io però arrivata a casa non ho dormito, perchè sapevo che mio figlio doveva andare a dormire alla Diaz e per radio, sulla via del ritorno, sentivo in diretta cosa stava succedendo.
Fortunatamente, alla fine non era andato alla Diaz a dormire, ma allo Sciorba, perchè era dove gli avevo lasciato il suo zaino. Però io l’ho saputo solo domenica mattina. E’ stata un’esperienza durissima, per lui e per me, che tra l’altro l’ha allontanato dalla partecipazione politica: da quel momento in poi, dopo aver visto quello che ha visto, ha considerato la partecipazione inutile “Tanto, non si può fare niente”.
Ivana Graglia
Varese
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