Metamorfosi urbana: dopo 162 anni calò il sipario sul Teatro Sociale, che ora è un condominio
La 28esima puntata della rubrica di Fausto Bonoldi ricorda un teatro famoso che ora non c'è più: il teatro sociale, in piazza Giovine Italia

Ogni lunedì, con una passeggiata virtuale, la rubrica “Metamorfosi urbana” vi racconta le trasformazioni che ha subito Varese negli ultimi cento anni, da quando cioè è diventata capoluogo di provincia. A firmarla è Fausto Bonoldi, storica firma del giornalismo varesino che su questo argomento, che tratta da anni nel gruppo Facebook La Varese Nascosta, ha scritto anche un libro, edito da Macchione, dal titolo “Cara Varese come sei cambiata“
Metamorfosi urbana, ventottesima puntata: e dopo 162 anni calò il sipario sul Sociale
Nell’indifferenza pressoché generale, il 18 settembre del 1953, fu raso al suolo l’edificio del Teatro Sociale, che era stato costruito nel 1791 da Fedele Torelli su progetto dell’ingegner Ottavio Torelli. Quello che era stato per tutto l’Ottocento e per i primi decenni del Novecento il nostro tempio della lirica aveva vissuto la sua ultima stagione nel 1930 e da allora era stato lasciato decadere.
Quasi nessuno, soprattutto dopo la costruzione, negli Anni Trenta, del teatro Impero pensava a un recupero del glorioso Sociale ridotto allo stato di quasi rudere, al punto che la Prealpina salutò l’evento della demolizione con la considerazione che nello stesso luogo sarebbe sorto “un bel condominio”.
Tra i pochi che si opposero invano all’abbattimento l’architetto Bruno Ravasi, che ci ha lasciato in un disegno il suo grido di dolore per la fine di una ultrasecolare e gloriosa pagina di storia varesina. Il Teatro era detto Sociale perché costruito con le risorse dei soci che avevano sottoscritto l’acquisto dei palchi, soci varesini ma anche milanesi con case di villeggiatura all’ombra del Sacro Monte, per i quali il teatro varesino era una “succursale” della “Scala” e infatti sul suo palcoscenico furono spesso “testate” opere che sarebbero poi state proposte al pubblico di Milano, in particolare nel periodo, tra il 1830 e il 1845, in cui il Sociale fu gestito dall’impresario Bartolomeo Merelli che guidava anche la “Scala”.
La sala non era però riservata a danarosi melomani dal momento che vi si svolgevano regolarmente balli e feste aperti a un pubblico popolare. La storia del teatro fu ricostruita nel 1987 da Pietro Macchione nel libro “Due secoli di teatro a Varese” edito da Lativa. I fasti del Sociale, che dava il nome alla piazza oggi intitolata alla Giovine Italia mazziniana, sono rievocati nel libro di Bruno Belli “Teatro Sociale di Varese nell’Ottocento”, edito da Grafica Europa nel 2003. Lo stesso Belli si fece promotore della collocazione, davanti al “bel condominio”, di una targa rievocativa, fatta realizzare dal compianto assessore alla Cultura del Comune Francesco Musajo Somma.
Della storia del Sociale si sono occupati, più di recente, Giovanni Zappalà nel libro “I teatri mai nati, i teatri mai risorti” edito da Macchione e Massimiliano Broglia, autore di “Arpa che muta giaci”, pubblicato dallo stesso Macchione nel giugno scorso e dedicato agli anni, tra il 1830 e il 1861, in cui il Sociale visse la sua età dell’oro.
A differenza dell’edificio del Teatro sono stati risparmiati dal “piccone modernista” i pregevoli edifici, la cui bellezza è stata evidenziata dai restauri, del lato opposto della via intitolata a Gioachino Rossini, aperta nel 1874 come “via al Teatro”.
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