In ricordo di Honoré Pitamitz

Di Mauro della Porta Raffo

Personaggi generiche

Riceviamo e pubblichiamo

Evitare che Honoré Pitamitz e Giuseppe Fezzardi (l’ottimo ciclista di Besano vincitore di un Tour de Suisse, di una Tre Valli Varesine e di una mitica tappa al Tour de France con arrivo classico perché a Gap) sedessero vicini, l’impegno.
Intendo, quando in sala in veste di ascoltatori delle mie conferenze.

Per quanto partecipi ed interessati volessero essere, cominciavano invariabilmente a parlare di Antibes, laddove in periodi diversi ma memorabili avevano avuto modo entrambi di vivere felicemente.
Honoré, se ben ricordo e per quanto fosse di famiglia Italiano di Zara, Dalmata quindi – orgoglioso di esserlo e attivissima asse portante delle Associazioni Nazionali e varesine che hanno unito e uniscono questi nostri tormentati Fratelli – addirittura di nascere per via di un periodo migratorio colaggiù del Padre in cerca di lavoro.

Alto e magro, esattamente più vecchio di vent’anni quanto al sottoscritto, buon cestista negli anni giovanili, tifoso ovviamente della Pallacanestro Varese da prima ancora che si chiamasse Ignis, già dipendente della Banca d’Italia e, arrivato ben oltre i novanta, pensionato da tempo infinito (cosa per la quale – definendolo “d’oro” – lo rimbrottava bonariamente Lorenzo Benzi) e di una anzianità altresì in conseguenza della quale era, ahi lui, diventato un “esperto in cerimonie funebri” tante erano quelle alle quali aveva partecipato, fu per indole, educazione e portamento prima di tutto un Signore, un Gentiluomo vecchio stampo, un ‘carattere’.

E, naturalmente, avendo percorso un intero secolo o quasi, la memoria vivente e fortunatamente in modo mirabile narrante di fatti, di accadimenti, storici noti o ‘minori’ all’apparenza che fossero.
Non intendo qui, per dire, soffermarmi – e intanto ne parlo – sulla sua del tutto specifica attività ragionieristica in veste di segretario della maîtresse di una casa di appuntamenti se ricordo bene triestina nei primissimi tempi del dopoguerra – occorreva pur lavorare – e della testimonianza particolare che di quel mondo che tanti, invece frequentatori, hanno trattato (Indro Montanelli, Federico Fellini e Piero Chiara in primis) e del gergo in loco usato, delle burocratiche definizioni comportamentali, sapeva dare.
Di contro, certamente, delle sue testimonianze relative ai terribili bombardamenti notturni ad opera degli aerei degli Alleati su Berlino e dei contrattacchi dei FLAK (‘FlugabwehrKanone’, cannoni di difesa) ai quali assistette essendo un prigioniero di guerra dei Tedeschi nella capitale detenuto.
Era quella una continua competizione.

I velivoli americani (soprattutto e se qualcuno vuole averne una romanzata rappresentazione guardi il film ‘Memphis Belle’, appunto di produzione hollywoodiana) passavano ad una quota superiore a quella di portata dell’artiglieria germanica, portata che veniva dai difensori il più velocemente possibile aumentata in modo che fossero le bocche da fuoco in grado di colpire pesantemente i bombardieri la volta dopo ed abbatterne non pochi.

Per conseguenza, erano i raid successivi USA adeguati e programmati a maggiore altezza.
E via in ogni circostanza così.
E a cosa significasse trascorrere le ore sperando che il buio Cielo si illuminasse per le esplosioni lontano dai propri luoghi di costrizione.
È trapassato Honoré il 14 aprile del 2020, poco dopo l’arrivo del Covid, in coincidenza con la chiusura definitiva del nostro Caffè Zamberletti.
Segno la sua morte della fine di un tempo del quale è stato componente essenziale!

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Dicembre 2021
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