Perché dall’1 febbraio i frontalieri non potranno più lavorare da casa

L'accordo sul telelavoro scadrà il 31 gennaio. Politici e sindacati stanno facendo pressione per ottenere una proroga o nuove regole ma il tempo stringe

La possibilità di lavorare in smartworking per frontalieri è destinata a terminare il 31 gennaio 2023. Salvo provvedimenti dell’ultimo minuto, a partire dalla giornata di mercoledì 1 febbraio non sarà più in vigore l’accordo tra Italia e Svizzera, stipulato durante la pandemia e rinnovato per un anno, che consentiva ai lavoratori pendolari italiani nella Confederazione di poter prestare la propria attività da casa, continuando a beneficiare del regime fiscale previsto per la propria categoria.

È per questo motivo che nelle ultime settimane politica e sindacati si sono attivati su più fronti per richiedere un nuovo accordo amichevole tra i due stati, una proroga o una normativa specifica che regoli il telelavoro. Nei giorni scorsi, il sindacato svizzero Ocst, molto attento a queste tematiche ha ripreso l’interpretazione in materia fornita su interpello dall’Agenzia delle Entrate e precisato che «dal 1° febbraio 2023 se un frontaliere residente nei Comuni di confine farà anche un solo giorno intero di telelavoro diventerà tassabile in Italia su tutto il proprio reddito». 

Una linea interpretativa che si basa sul principio della violazione del “rientro giornaliero”. «Questo elemento – ricorda Ocst – è infatti da sempre una condizione necessaria per poter beneficiare della tassazione esclusiva del reddito da lavoro in Svizzera in base a quanto previsto dall’accordo sulla tassazione dei frontalieri del 1974». Qui la posizione del sindacato svizzero

Sulla necessita di ridefinire le normative sono intervenuti in modo congiunto anche i sindacati dei frontalieri di Cgil, Cisl e Uil, che ritengono «sia urgente che i Governi aprano una celere discussione che permetta intervenire in maniera strutturale sul tema del lavoro a distanza garantendo una regolamentazione strutturale e, nel contingente, garantendo perlomeno una nuova proroga allineata alle disposizioni contributive».

Sul fronte politico, tra i primi a intervenire sulla questione, è stato il deputato lunense Andrea Pellicini che ha presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti per chiedere ai due Stati di regolare «con urgenza la materia del lavoro da remoto dei lavoratori frontalieri in modo durevole», alla luce del fatto che «l’accordo amichevole sul lavoro da remoto del 2020 tra Italia e Svizzera andrà a scadere il 31.01.2023».

Un’azione parallela in Parlamento è stata portata avanti dal Partito Democratico: «Dopo la pandemia il mondo del lavoro è cambiato profondamente e, anche per quanto riguarda i frontalieri, è diventato un tema importante lo smartworking – ha ricordato il senatore varesino Alessandro Alfieri – Per questo motivo ho presentato un ordine del giorno al Senato per chiedere al Governo una rapida proroga, fino a giugno 2023, dell’Accordo amichevole Italia-Svizzera sul lavoro da remoto e un impegno dell’esecutivo per costruire nel frattempo un’intesa con Berna per regolare definitivamente lo smart working con soglie fino al 40%. Il mio ordine del giorno sarà discusso martedì e spero che il Governo dimostri attenzione per il nostro territorio e per una economia di frontiera in trasformazione anche dal punto di vista digitale».

Alla sollecitazione di Alfieri si unisce infine quella di Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione dei Comuni di frontiera: «Già alla fine di questa estate e più volte ripetutamente in occasione di provvedimenti che hanno riguardato l’economia transfrontaliera, in qualità di Presidente dei Comuni di Frontiera, ho sollecitato un provvedimento di proroga o di definizione di un nuovo accordo che considerasse come il lavoro a distanza sia di fatto diventato strutturale non solo per i frontalieri ma anche per l’economia di confine. Auspichiamo che il Governo arrivi rapidamente ad una soluzione per superare la situazione attuale che al momento penalizza non solo i lavoratori frontalieri ma anche il sistema economico di frontiera».

Maria Carla Cebrelli
mariacarla.cebrelli@varesenews.it

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Pubblicato il 30 Gennaio 2023
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  1. Domenico Santini
    Scritto da Domenico Santini

    Pazzesco,chi lavora da casa usa il suo modem e la sua corrente pagando energia “salata” in Italia tasse incluse paghiamo Iva dappertutto anche l’aria che respiriamo, quindi l’aria Svizzera è detassata? lo Smartworking è molto utile, si utilizza meno l’automobile quindi si inquina meno, non si usa energia negli uffici e meno ingorghi…bhà non si capisce perchè il frontaliere debba pagare questa sorta di pizzo all’Italia.

  2. Avatar
    Scritto da Viacolvento

    Ritengo un privilegio ingiustificato lavorare a casa e avere un trattamento fiscale privilegiato solo perché si abita e si ha un datore di lavoro a ridosso del confine: manca del tutto il disagio di varcare la frontiera giornalmente. Si dovrebbe allora riservare la stessa condizione a tutti coloro che lavorano da casa in Italia per un datore con sede oltre confine, che sia in Ticino o in Australia.

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