Attilio Stocchi e la sua “Architettura della natura” fanno il pienone a Visionare
Ha riempito non solo la sala convegni di Villa Panza ma anche la “capienza virtuale” del webinar, circa 1200 persone, l'incontro con il professionista che sta ricostruendo un anfiteatro romano attraverso strutture naturali

(foto di Stefano Anzini)
La natura che parla alla storia, che ricostruisce pezzi di città grazie alla sua potenza evocativa e simbolica, che ricrea interi palazzi monumentali: utilizza questo insolito elemento l’architettura di Attilio Stocchi, che è stato protagonista dell’appuntamento Visionare di febbraio, i dialoghi di architettura ideati da Fulvio Irace e organizzati dall’Ordine degli Architetti di Varese a Villa Panza.
Un evento che ha goduto di uno straordinario successo: riempiendo non solo la sala convegni della villa patrimonio del Fai, ma anche la “capienza virtuale” del webinar, circa 1200 persone, oltre le quali è stata predisposta una lista d’attesa.
La poetica – cosi è opportuno chiamarla – del lavoro di Stocchi mescola mito, storia, fiaba e desiderio di un futuro più legato alla terra, partendo dall’illustrazione di due sue opere milanesi: una, conclusa e inaugurata che è la collina di Hermes a palazzo Citterio, e una, in fase di realizzazione, che è il Pan, l’anfiteatro verde che sorgerà in zona de Amicis sopra i resti di un anfiteatro romano andato distrutto: «Alcuni definiscono questo “architettura a volume Zero”, altri li chiamano “bassorilievi”: si tratta di opere fatte quasi attraverso la movimentazione della terra e l’uso della natura – spiega Stocchi – In entrambi questi progetti credo di aver realizzato delle metamorfosi: la “collina di Hermes “vicino a Palazzo Citterio era informe e l’ho tramutata in una sorta di collina sacra con tante piante, ognuna di queste con una simbologia cara a Mercurio. L’anfiteatro, ancora in corso, Invece è un’opera abbastanza “colossale” nel senso che dura già da 4 anni. Qui l’anfiteatro romano non esiste più perché è stato prima demolito dai Cristiani per costruire le chiese, poi dai Goti in un famoso saccheggio. E’ stato ritrovato nel 1931 in maniera casuale e, fino a quattro anni fa, c’erano solo dei lacerti di fondazione messi in un parco. Il progetto prevede la creazione di un parco di 22.000 metri quadri, di fatto la ricostruzione dell’Anfiteatro attraverso la natura. Non essendoci più l’architettura, è parso bello pensare di ricostruirla con il verde, in una sorta di ricostruzione e metamorfosi vegetale. Il progetto si chiama PAN ed è anche una metamorfosi catartica di divinità: l’anfiteatro è sempre stato un luogo sacro a Marte divinità guerriera, mortifera. Mentre Pan è un dio Silvano, il dio della natura, oltre che l’acronimo di “Parco, Anfiteatro, Natura”».
Una scelta che riporta la storia più antica della città a nuova vita, passando per la riqualificazione “verde” di un’area: «Milano significa Medium Land, Terra di Mezzo: ha già nel suo DNA, nella sua parola stessa, la terra. E’ una città considerata con poco verde, però ha un verde molto diffuso all’interno dei cortili, delle case private. Solo, non ha grandi parchi: per cui c’è questa grande esigenza proprio di vedere il verde e sentirlo. Io l’ho sperimentato quando ho visto la folla nella Collina di Hermes a palazzo Citterio: ho visto che la cittadinanza arriva ed è felice di vedere restituite parti della città che prima erano fatte di cemento restituite al verde».
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