Caporalato digitale: a Busto individuati quattro rider sfruttati da intermediari
Sono i fattori che lavorano per portare pranzi e cene a casa: in tutta Italia una maxioperazione dei Carabinieri ha individuato decine di lavoratori che incassavano solo una parte di quanto dovuto, perché di mezzo c'era un "caporale"

Lavorano sulle strade, macinando decine di chilometri in bici o su mezzi a pedalata assistita. E a volte non riescono neppure a incassare quanto dovuto, perché una parte se la tiene un intermediario, “titolare” dell’account sulle diverse piattaforme di consegna: tra i rider è diffuso il “caporalato digitale”, lo sfruttamento da parte di terzi.
L’ultima operazione dei Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Lavoro ha individuato, in una sola sera, quella di venerdì 24 marzo, decine di casi di “caporalato” in tutta Italia. E tra questi anche quattro a Busto Arsizio, località scelta perché c’è una discreta concentrazione di questo tipo di consegne.
L’operazione di verifica ha coinvolto 101 Nuclei Ispettorato del Lavoro e 5 Nuclei Operativi), con l’impiego di 465 militari specializzati del Comando per la Tutela del Lavoro, 380 della struttura territoriale dell’Arma e 137 agenti delle Polizie Locali a supporto.
In tutto sono stati controllati 1609 ciclofattorini: 23 rider erano irregolari rispetto al permesso di soggiorno, ma soprattutto sono stati avviati in 1500 casi controlli sugli obblighi in materia di sicurezza ed igiene ai sensi delle norme di prevenzione, a tutela dei lavoratori “su strada” e anche degli altri utenti. Un aspetto particolare è anche la verifica dei mezzi, in particolare delle biciclette a pedalata assistita: 22 mezzi non sono risultati idonei alla circolazione stradale.
Soprattutto è emerso nuovamente, un po’ in tutta Italia, proprio il fenomeno del “caporalato digitale”: rider che lavorano con l’account di altre persone. Questi ultimi incassano dalle diverse piattaforme digitali il corrispettivo per le consegne, ma ai rider – che stanno effettivamente su strada – arriva solo una paarte del guadagno.
Nel caso specifico di Busto Arsizio sono stati 14 i lavoratori controllati dal Nucleo Tutela del Lavoro di Varese, tredici pakistani e un italiano: quattro di loro operavano avendo nel telefono un account intestato ad altri, i presunti caporali. Due dei quattro risultavano anche irregolari, senza permesso di soggiorno: in questo caso sono considerati parte lesa e soggetto debole e vengono protetti proprio perché possono testimoniare sugli illeciti.
Da notare anche l’alta percentuale di irregolarità riscontrata, il 28%, contro l’11% riscontato in analoghe operazioni a Milano (anche se nel capoluogo i numeri erano molto maggiori, 823 lavoratori controllati).
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