Alla Miniera di Giove di Malnate l’aiuto per ritrovare il dialogo perduto
Nata per dare assistenza scolastica ai bambini e ragazzi, la cooperativa ha dato vita a numerosi progetti che partono dall'ascolto. "Isolamento e solitudine tra le conseguenze del Covid"

Le parole sono importanti, soprattutto se scritte da un adolescente. Un pomeriggio un ragazzo che andava a fare i compiti alla cooperativa sociale “La miniera di Giove” di Malnate, al termine della giornata ha lasciato su una lavagna una scritta “I love miniera di Giove” (nella foto). Un messaggio semplice e al tempo stesso un bel segno di riconoscimento alla struttura e al lavoro dei suoi collaboratori, perché a quell’età i sentimenti hanno un valore assoluto.
ASSISTENZA SCOLASTICA
La miniera di Giove esiste dal 2008 e nasce per dare assistenza scolastica ad personam, dalla materna alle superiori, in accreditamento con i vari distretti scolastici, e fornire un servizio di sostegno anche psicologico sia nella sede di Malnate sia a domicilio. Un’attività che non si è mai interrotta, neanche durante il Covid grazie alla didattica a distanza. «L’utilizzo della tecnologia – sottolinea Claudio Carrara, presidente della cooperativa – è stata la salvezza per la scuola e anche per noi. Ci ha permesso di lavorare quando tutto era bloccato. Ancora oggi, quando è necessario, la utilizziamo sia per le lezioni che per le riunioni».
Alla Miniera di Giove, tra dipendenti e collaboratori, lavorano circa quaranta persone. Una presenza importante per il territorio, ancor di più in un momento in cui bisogna curare le ferite aperte lasciate dal Covid 19, soprattutto quelle dei più giovani. «Le famiglie hanno sofferto molto durante la pandemia – racconta la coordinatrice Elisabetta Martinengo -. Si è creata una frattura nella rete sociale: la scuola ha gestito il proprio pezzo, mentre la famiglia da sola ha fatto fronte alle necessità. Rimettersi in una prospettiva di confronto è quello che chiedono con più frequenza. Noi abbiamo attivato gruppi con adolescenti e genitori ed è interessante notare come tutti portino la sensazione di una grande solitudine».
NON DEMONIZZARE LA TECNOLOGIA
Potersi confrontare, senza essere giudicate è, dunque, ciò che chiedono le famiglie. «Essere ascoltati senza giudizio è una richiesta che arriva anche dai ragazzi» aggiunge Marta Tenconi. Gli operatori della cooperativa sono consapevoli del fatto che se da una parte nel post Covid è importante ripristinare una relazione in presenza, dall’altra bisogna evitare di demonizzare la tecnologia. Alla Miniera di Giove ci sono progetti che danno la possibilità ai ragazzi di sperimentare la presenza e fare cose concrete, ma al tempo stesso di usare le nuove tecnologie.
La gestione consapevole del mezzo tecnologico è, dunque, un passaggio fondamentale nel processo educativo. «Lo smartphone a volte rappresenta il primo contatto quando un ragazzo fatica a uscire di casa – continua la coordinatrice Marta Tenconi – ma il telefono viene messo da parte nel momento in cui riscoprono una modalità di stare tra loro fisicamente, grazie a un gioco in scatola o a un’attività sportiva».
IL RITIRO SOCIALE
Anche in Italia si inizia a parlare del fenomeno degli Hikikomori (letteralmente: “stare in disparte”), espressione con cui i giapponesi, i primi a inquadrare clinicamente questo disturbo, indicano il ritiro sociale di una persona. Il ragazzo si autoreclude nella propria stanza, tagliando tutti i contatti con il mondo esterno. In genere si tratta di giovani, per lo più maschi, che sviluppano un senso ipercritico verso la società fino a rifiutarla completamente, scegliendo, appunto, l’autoisolamento come reazione. «Il fenomeno del ritiro sociale emerge tardi – spiega Elisabetta Martinengo – perché i ragazzi “scompaiono” gradualmente. Questo è un aspetto che rende difficile l’inquadramento iniziale del caso. In genere affrontiamo questo fenomeno in collaborazione con altre altre strutture specializzate».
FARE RETE TRA STRUTTURE E COMUNI
La rete tra le diverse realtà presenti sul territorio è dunque determinante nella progettazione degli interventi nei quali spesso La miniera di Giove partecipa come capofila. «Nei nostri laboratori cerchiamo di valorizzare la molteplicità dei linguaggi, dalla musicoterapia all’arteterapia – sottolinea la coordinatrice Alessandra Caro -. Questo approccio permette di progettare interventi che vanno dai bambini molto piccoli fino agli ospiti delle rsa (residenza per anziani, ndr). Stimolare la creatività aiuta ad aprirsi, a utilizzare nuovi linguaggi e a migliorare la capacità di relazionarsi con l’altro».
La miniera di Giove, come molte realtà del terzo settore, svolge una funzione sussidiaria importante per la salute della comunità e per svolgerla al meglio diventa strategico il rapporto con i comuni di riferimento. «Il rapporto con le amministrazioni comunali per noi è fondamentale – conclude Claudio Carrara – Noi lavoriamo in accreditamento o con incarichi diretti, ma non è sempre facile relazionarsi con i comuni perché ci sono livelli diversi. Bisogna sempre fare i conti con la burocrazia che tende a complicare le cose, soprattutto sul piano economico. E così, già prima della pandemia, ricorriamo sempre di più a bandi esterni a cui abbiamo dedicato due risorse interne. Va detto che il comune di Malnate e la nostra sindaca hanno sempre valorizzato il nostro ruolo, così come quello del volontariato e delle associazioni».
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