Più della metà di ictus e infarti si può evitare con uno stile di vita sano: lo dimostra un nuovo studio internazionale
Si può intervenire in modo efficace sui cinque fattori di rischio modificabili: sovrappeso, pressione alta, colesterolo alto, fumo e diabete mellito. Alla ricerca, pubblicata sul New England Journal of Medicine, ha partecipato il Centro Epimed dell’Università dell’Insubria, con i professori Licia Iacoviello, Marco Ferrario e Giovanni Veronesi
Sovrappeso, pressione alta, colesterolo alto, fumo e diabete mellito sono responsabili di più della metà delle malattie cardiovascolari e di circa il 20 per cento della mortalità generale. Su questi elementi però si può intervenire in modo efficace, soprattutto con gli stili di vita. A dimostrarlo è una ricerca condotta su scala mondiale dagli scienziati del Global Cardiovascular Risk Consortium, coordinati dall’Heart & Vascular del Medical Center Hamburg-Eppendorf (Uke) e dal Centro tedesco per la ricerca cardiovascolare (Dzhk), con il contribuito del Centro ricerche in Epidemiologia e medicina preventiva (Epimed) dell’Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Medicina e Chirurgia. I risultati dello studio sono stati pubblicati il 26 agosto sul New England Journal of Medicine e si basano sui dati di 1.5 milioni di persone provenienti da 34 paesi.
Le malattie cardiovascolari sono responsabili di circa un terzo dei decessi a livello mondiale, e sono la prima causa di morte in Italia, con circa 230.000 morti l’anno. Sebbene obesità, pressione arteriosa, colesterolo, fumo e diabete siano stati identificati da tempo come fattori di rischio, prima di questo studio la proporzione di malattie cardiovascolari a loro attribuibili non era stato del tutto chiarito.
Licia Iacoviello, professore ordinario di Igiene e Sanità Pubblica, direttrice del Centro Epimed e co-autrice dello studio, spiega: «Lo studio mostra chiaramente che più della metà degli infarti e degli ictus sono evitabili attraverso il controllo di questi 5 fattori di rischio modificabili. I risultati sono quindi di grande importanza per rafforzare la prevenzione in quest’area. Allo stesso tempo, il 45% circa degli eventi cardiovascolari ha cause diverse da queste, un gap che deve essere da stimolo per l’intera comunità scientifica ad intensificare gli sforzi di ricerca».
Il Global Cardiovascolar Risk Consortium ha valutato i dati a livello individuale di 1.5 milioni di persone che hanno preso parte a 112 studi di coorte e provengono dalle otto regioni geografiche Nord America, America Latina, Europa occidentale, Europa orientale e Russia, Nord Africa e Medio Oriente, Africa subsahariana, Asia e Australia. L’obiettivo dello studio era quello di acquisire una migliore comprensione della distribuzione globale, del significato dei singoli fattori di rischio e dei loro effetti sulle malattie cardiovascolari e della mortalità complessiva al fine di ricavare misure preventive mirate.
Lo studio ha mostrato anche differenze nelle otto regioni globali per quanto riguarda la frequenza dei fattori di rischio. Gli scienziati hanno riscontrato i tassi più alti di sovrappeso in America Latina e i valori più alti di ipertensione e colesterolo alto in Europa. Il fattore di rischio il fumo è particolarmente determinante in America Latina ed Europa dell’Est, il diabete mellito in Nord Africa e in Medio Oriente. Tutti e cinque i fattori di rischio combinati (sovrappeso, pressione alta, colesterolo alto, fumo e diabete mellito) ammontano al 57.2% del rischio cardiovascolare delle donne e al 52.6% degli uomini. Pertanto, una quota sostanziale del rischio cardiovascolare rimane inspiegata.
«Diverse linee di ricerca del Centro Epimed cercano di spiegare questa quota rimasta – dice Marco Ferrario, professore senior di Medicina del Lavoro dell’Università dell’Insubria e co-autore dello studio –. Ad esempio, nostre ricerche precedenti condotte anche nell’ambito dello stesso consorzio internazionale hanno mostrato che fattori psicosociali, lavorativi e socio-economici non solo sono cause di malattie cardiovascolari, ma possono interagire con i 5 fattori in studio, amplificandone gli effetti negativi sul rischio cardiovascolare». Questo studio lascia in eredità anche un esteso dataset con dati armonizzati a livello individuale, che potrà essere utilizzato per ulteriori ricerche.
«Il Centro Epimed contribuisce al Consorzio sia con i dati di diverse coorti di popolazione che con l’expertise dei suoi afferenti – continua Giovanni Veronesi, professore associato di Statistica Medica e membro dello Statistical Working Group del Consorzio, oltre che co-autore del lavoro –. La recente aggiunta al Consorzio di uno studio di residenti anziani della Città di Varese, di cui stiamo completando il follow-up per gli eventi cardiovascolari in collaborazione con alcuni colleghi clinici del Dipartimento, potrà rafforzare la posizione internazionale del Centro, e contribuire ad approfondire ulteriori aspetti messi in luce da questo lavoro, quali ad esempio il ruolo dei fattori di rischio alle diverse età».
Link all’articolo pubblicato da Nejm:
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2206916?query=featured_home
Link al sito del centro Epimed:
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