La Studi Patri di Gallarate celebra chi donò per la città. Aspettando i “mecenati di oggi”
Sabato il "chiostrino" di via Borgo Antico ospita un convegno dedicato al mecenatismo e alle origini della collezione. Parte anche una nuova raccolta fondi per aggiornare l'allestimento del museo

Nata per iniziativa dei cittadini nel clima di rinascita nazionale dell’Ottocento, la Società Gallaratese degli Studi Patri è cresciuta nell’arco di un secolo e mezzo grazie alle donazioni di tanti gallaratesi. Compresa quella che ha dato una “casa” alle collezioni, la donazione del “chiostrino”, ultimi resti del convento di San Francesco risalente al Duecento, che da un secolo accolgono le classi delle scuole cittadine, i curiosi, chi partecipa alle tante iniziative della Studi Patri.
Il contributo dato dai tanti “mecenate” verrà celebrato sabato 21 ottobre con un convegno che ripercorrerà la storia delle tante donazioni, anche attraverso alcune curiosità. «Beniamino Bordoni ad esempio ci parlerà di un libro del 1639 che fa parte della nostra collezione, di cui si conoscono solo cinque esemplari al mondo, che già la bibliotecaria Cotta Sacconaghi nel 1954 ricordava come opera rarissima» racconta Massimo Palazzi, presidente della Società, che sabato illustrerà insieme a Matteo Scaltritti il senso del mecenatismo e la storia delle collezioni del museo.
Il convegno, spiega, «è una occasione per conoscere il museo come è stato voluto dai gallaratesi». Se infatti il “chiostrino” ha poi accolto anche una ricca collezione archeologica (di proprietà dello Stato), secondo Palazzi le donazioni incarnano «l’anima vera e profonda del museo, che hanno voluto esprimere i gallaratesi mecenati del passato». Attraverso la storia delle donazioni si potrà scoprire più da vicino il patrimonio conservato. Come nel caso del Davide e Golia di Tanzio da Varallo, «donato nel 1926 da Virginia Caccia Marini». Sabato mattina Stefano Frigo racconterà la formazione della pinacoteca, che ha un nucleo interessante anche nelle opere ottocentesche del De Albertis, anch’esse frutto della donazione Caccia Marini del 1926.

E poi ci sono le opere di scultura conservate nel luminoso corridoio al primo piano del “chiostrino”, una collezione che comprende ad esempio le sculture di Adolfo Wildt, come la Mater Purissima donata da monsignor Sommariva (prevosto della città all’inizio del Novecento) o i ritratti dei Maino, donati da Carla Maino.
Le donazioni al museo sono state continue nell’arco della sua storia e frutto di un’attenzione continua, fino ad anni recenti (citiamo a titolo di esempio un disegno preparatorio delle opere di De Albertis, donato da Carlo Pigni o i documenti donati dalla famiglia Macchi). Si parla di quadri, disegni, ma anche di più curiosi manufatti, compresi bicicli ottocenteschi o il loro antenato, la “draisina” donata dal conte Domenico Oltrona Visconti di Lonate Pozzolo.

Come si diceva in apertura, tra le donazioni alla Studi Patri figura anche lo stesso fabbricato che oggi ospita la Società e il museo, donazione della Società Case e Alloggi Macchi, che a inizio Novecento acquisì una parte dell’area intorno alla attuale via Borgo Antico, edificando il pregevole palazzo liberty all’angolo con via Ronchetti. Il “chiostrino” aperto su via Borgo Antico è l’ultimo residuo di uno dei due chiostri del convento duecentesco di San Francesco, che un tempo occupava la zona fino a piazza Risorgimento (la chiesa duecentesca è stata poi sostituita dall’edificio neogotico dell’attuale San Francesco, più o meno sul lato opposto della piazza): insieme alla chiesa di San Pietro, riscoperta nelle sue forme romaniche proprio grazie alla Studi Patri, rappresenta oggi la testimonianza architettonica più antica della città.
L’introduzione al convegno sarà affidata ad Alberto Frigerio, governatore del Lions Club Distretto 108 IB1, che parlerà del ruolo del Lions Club nel sostebo alla cultura. «Il convegno stesso è il frutto di quel movimento di opinione che è stato avviato anche dal Lions International e che ha suscitato attenzione anche da parte di altre realtà». L’azione di rilancio del museo negli ultimi anni ha attratto l’attenzione anche della Fondazione Comunitaria del Varesotto e ha spinto la Società ad aderire alla «raccolta fondi promossa dalla Fondazione con il progetto “Diamo spazio al museo”, finalizzato a migliorare la struttura e ad aggiornare l’allestimento delle collezioni».
Ed è in questo spirito che la Società rilancia l’idea del mecenatismo come gesto di attenzione alla storia cittadina, a cui si può contribuire anche oggi.
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