Irene Pivetti in aula a Busto Arsizio per il caso mascherine
La ex-presidente della Camera è accusata insieme ad altri di aver importato dispositivi non conformi per decine di milioni di euro durante la pandemia e di bancarotta fraudolenta

C’era anche la principale imputata alla prima udienza preliminare davanti al gup Anna Giorgetti in tribunale a Busto Arsizio per discutere la richiesta di rinvio a giudizio per la presunta maxi-truffa delle mascherine importate dalla Cina attraverso l’aeroporto di Malpensa durante la pandemia e distribuite in ospedali ed enti pubblici di mezza Italia, da 35 milioni di euro.
Irene Pivetti, accompagnata dal suo avvocato, ha fatto capolino in aula anche se alla fine la giudice ha deciso solo per un rinvio al 25 marzo chiedendo più tempo per studiare le decine di faldoni che ripercorrono i 94 capi d’accusa a carico dell’ex-presidente della Camera e di altre 8 persone tra le quali la figlia e il genero.
Questa mattina l’aula del tribunale di Busto Arsizio era piena di avvocati pronti a costituire numerosi enti pubblici e società private parti civili. Tra questi l’avvocatura dello Stato per la Protezione Civile, l’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia delle Dogane e diversi enti sanitari locali.
Le accuse vanno dalla frode in pubbliche forniture alla bancarotta fraudolenta per aver ottenuto forniture di mascherine per decine di milioni di euro che, però, non rispondevano ai criteri minimi richiesti.
Secondo il pubblico ministero Ciro Caramore i dispositivi erano sostanzialmente inutili allo scopo e, perdi più, nel momento più difficile della gestione pandemica con centinaia di migliaia di operatori sanitari che lottavano contro il virus covid19 senza alcuna protezione.
Secondo gli avvocati degli imputati, invece, non dovrebbe essere il tribunale di Busto Arsizio il foro competente in quanto il reato più grave non sarebbe stato commesso nella sua area di competenza.
Saranno, però, le prossime udienze a definire il tutto in quanto la mole dell’indagine richiede maggiore approfondimento.
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