Dai cinema ai circoli, sale piene per “Food for profit” il documentario su agribusiness e allevamenti intensivi
A sostenerlo c'è un'ampia mobilitazione di attivisti vegan, ambientalisti, comitati. Un successo che va dai multisala ai cinema di provincia, anche nel Varesotto e nell'Alto Milanese
Il primo appuntamento d’aprile, al circolo Gagarin di Busto Arsizio, è già sold out.
Nel multisala dell’Alto Milanese è stato fuori una settimana. In un cinema di paese ha stupito i gestori.
E non sono casi isolati, per “Food for Profit” , il documentario d’inchiesta di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi che racconta il mondo degli allevamenti intensivi e dell’agrindustria.
Il film è partito bene, anche grazie a polemiche e querele di chi è coinvolto, che hanno moltiplicato l’effetto-richiamo. Ma l’aspetto interessante è che in tutta Italia la distribuzione del documentario è diventata una sorta di mobilitazione del mondo ambientalista, vegan e per il benessere animale. Con circoli e associazioni culturali schierati, singoli attivisti che organizzano proiezioni e le pubblicizzano (foto: Comitato PER la Valmarecchia).
Il film è così arrivato in una moltitudine di luoghi diversi tra loro e soprattutto diversi anche dal cinema classico: nei circoli Arci, nelle ciclofficine popolari, nei licei occupati, in associazioni di periferia, oltre che cineclub e nelle sale più ”di nicchia” di Milano, come Cinemino o Anteo.
Ma il film va bene anche nei cinema multisala “blockbuster”, a testimonianza che il film ha una quota di mercato che va oltre gli ambienti militanti. E sono gli stessi attivisti a pubblicizzare le proiezioni: disposti anche a far pubblicità alle grandi catene cimetografiche, pur di amplificare il messaggio del film e farlo vedere il più possibile.
Universo multiforme che tiene insieme il “Circolo familiare di unità proletaria” e la prestigiosa Associazione della Stampa Stampa di Milano, il centro culturale alternativo “Big Lebowski” di Novara e il cinema parrocchiale di Novafeltria, nella Valmarecchia dove è in corso da anni una grande mobilitazione contro il nuovo allevamento Fileni (azienda protagonista anche di uno scontro con Giulia Innocenzi, terminato con una concordata rettifica di Report, a correggere il tiro).
Dalle sale – anche di provincia – raccontano di un certo stupore per l’accoglienza e i buoni risultati. Anche nel Varesotto e nell’Alto Milanese: «Noi lo abbiamo dato per due settimane, ha avuto un ottimo riscontro, su pomeriggio e primo serale» raccontano dal cinema Electric di Gavirate. «Alcuni si sono lamentati che non abbiamo fatto in orario serale e quindi lo faremo ancora il 2 aprile alle 21. Per i nostri numeri ha fatto molto come presenze».
Al circolo Gagarin di Busto Arsizio (circolo Arci, con una certa sensibilità) sono state organizzate due proiezioni: una – quella del 5 aprile – è finita sold out in poche ore, la seconda è stata programmata per il 7 aprile, con i posti subito presi d’assalto. E questo nonostante il film abbia fatto già un passaggio al multisala Cinelandia bustocco, il 19 marzo, e soprattutto nonostante il documentario sia stato proiettato per una settimana intera al multisala di Cerro Maggiore, già in provincia di Milano ma solo pochi chilometri più in là.
A sostegno della mobilitazione, fin dall’inizio, c’è anche un certo tono furbetto da lotta ai poteri forti, come la frase di lancio “387 miliardi di motivi per cui non vogliono che tu veda questo film”. Il riferimento è ai 387 miliardi di euro che verranno stanziati nei prossimi sette anni dalla PAC, la Politica Agricola Comune.
Il film indaga e punta il dito contro l’agrindustria, gli allevamenti intensivi, il lavoro dei lobbisti in Europa. Molte immagini sono un pugno nello stomaco e sono un invito a smettere di mangiare carne (per motivi etici o ambientali), ma in generale il film – concordano le critiche – è efficace nel sollevare anche domande più ampie su cosa si mangia e come si mangia.
E di certo su questi temi gli autori hanno trovato alleanza con un vasto mondo di attivismo animalista e ambientalista e di comitati locali.
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