Gli 80 anni di Mauro della Porta Raffo: “Come gran pignolo ho sbagliato una volta sola e mi sono corretto da solo”
Conversazione con una delle personalità culturali e civiche più brillanti degli ultimi decenni a Varese, che il 17 aprile festeggia un compleanno speciale
Il 17 aprile 2024 è una giornata speciale per Mauro Della Porta Raffo: una delle personalità culturali e civiche più brillanti degli ultimi decenni a Varese festeggia infatti il compleanno che lo porta agli 80 anni. Otto decenni vissuti da Gran Pignolo, da star dei commentatori nelle presidenziali Usa, da conduttore di centinaia di incontri, persino da politico e candidato sindaco di Varese. Mille vite diverse affrontate con la stessa energia, di cui abbiamo provato a scoprirne almeno una piccola parte, impossibilitati a conoscere tutto di lui. Ecco la nostra conversazione, che comincia con la domanda più scontata di tutte.
Perché la chiamano “il Gran Pignolo”?
«Era il 30 gennaio del 1996: usciva il primo numero de Il Foglio. All’epoca c’erano tanti giornali che aprivano e chiudevano in poco tempo, li compravo per curiosità, e cosi ho fatto anche in quel caso. In quell’anno c’erano le elezioni americane, e al Foglio scrivevano articoli molto imprecisi, così cominciai a mandare fax con le mie correzioni, e loro hanno cominciato a pubblicarle con regolarità, in un modo che le faceva risultare un po’ più importanti di una lettera al direttore. Al ritorno di una vacanza piuttosto lunga, però, mi resi conto che avevano completamente smesso di pubblicarle. Mandai loro per questo una lunghissima lettera di lamentela, che poi fu pubblicata con il titolo “Un lettore denuncia la pochezza della stampa italiana”, in un editoriale che si concludeva: “Lei merita una rubrica. ci sta?”. Così è iniziata la collaborazione con loro: la mia prima rubrica fu intitolata “pignolerie”, io e Giuliano Ferrara ci conoscemmo e a quel punto fu lui a chiamarmi definitivamente “Il Gran Pignolo”. Dopo parecchi anni mi stufai di realizzarla, ma nel 2016, anno del ventennale, Ferrara ha scritto in un suo editoriale: “La rubrica di Mauro Della Porta Raffo rappresenta pienamente la cifra del Foglio: l’estrema intransigenza».
Lei ha corretto per una vita gli errori degli altri. Ma ha mai sbagliato?
«No. O meglio: mi sono sbagliato una volta sola e mi sono corretto da solo. In una delle mie rubriche infatti diedi a Dionigi il Piccolo, monaco che calcolò la data della Pasqua e quella della nascita di Gesù, dello “Sciita”, in realtà era uno uno “Scita”, cioè della Scizia. Lo scrissi e la mia precisazione fu pubblicata con il titolo: “Il gran pignolo corregge se stesso”».
Viviamo in un mondo dove la pignoleria non è più tanto di moda, però…
«Perchè l’ignoranza è aumentata: il paradosso è che oggi si studia teoricamente di più, ma alla fine del corso di studi sono tutti più ignoranti. Quando siamo arrivati a Barasso da Roma, io ero alle elementari e avevo come compagni tutti figli di operai e contadini: erano studenti nettamente migliori di quelli delle generazioni seguenti. E questo è colpa nostra, perchè chi ha un’età piu grande deve insegnare a quelli che arrivano dopo, e se non succede è colpa di chi non sa insegnare, non di chi non apprende».
“A SCUOLA MI HANNO RIMANDATO SEMPRE, DALLE MEDIE ALLA MATURITÀ. MA AVEVANO RAGIONE”
A proposito di scuola: la sua carriera scolastica come è stata?
«Innanzitutto, ho girato un po’ di scuole: le elementari le ho fatte prima a Barasso e poi a Casbeno. Io però sono stato spesso rimandato e anche bocciato: tutto quello che so è da autodidatta. Comunque: la prima elementare l’ho fatta a Barassa, la prima casa dove siamo stati dopo il nostro arrivo da Roma. Poi la seconda e la terza elementare le ho fatte a casbeno, dove ci siamo spostati. La quarta invece l’ho fatta al collegio Torquato Tasso (Ora è la clinica Isber, ndr) poi alle elementari di via Como. Finite le elementari, le scuole medie le ho fatte alla Dante, dove sono stato rimandato in seconda e bocciato in terza».
Rimandato alle medie?
«Si, si! Ma non sono uno di quelli che trova scuse o ritiene di avere subìto ingiustizie: avevano tutte le ragioni per rimandarmi. I miei, che comprensibilmente non erano contenti della situazione, mi mandavano a ripetizione quando ero rimandato, e uno dei professori fu un certo professor Bandiera che oltre ad insegnare matematica era un campione di lotta greco romana. Mi diceva: “ogni volta che sbagli ti do uno scapaccione”. Con lui non sbagliavo mai… Il liceo poi lo feci al Galileo Ferraris, quando era in via XXV Aprile però. era un altro mondo, c’erano solo due sezioni. Comunque anche lì ogni anno prendevo qualche materia, disegno compreso disegno. Si figuri che sono stato rimandato ad ottobre anche all’esame di maturità. Ho preso matematica e scienze. L’avvocato Jean Jacques Prati ricorda sempre, da testimone del fatto, il mio esame di scienze: l’insegnante mi chiese “Cosa sono le putizze?” io le risposo “Non so cosa sono, ma ricordo che sono a pagina 252” l’insegnante era cosi scioccata dal fatto che non sapessi ciò che dovevo studiare ma conoscessi la posizione di ciò che non avevo studiato che mi disse “se è vero la rimando a ottobre”. E così fu….»
“NON SONO NATO A VARESE, MA HO SEMPRE ADORATO VARESE E I VARESINI”
Lei non è varesino di nascita. Ci racconta il suo percorso, che è poi quello della sua famiglia?
«Sono nato a Roma il 17 aprile 1944, poco prima della fine della guerra, visto che nella capitale la guerra è finita in quell’anno. Mio nonno è stato direttore generale del Minculpop, il famoso ministero della cultura popolare, che si interessava anche di turismo e gesti la rinascita degli enti provinciali per il turismo. Mio padre, che aveva fatto tante cose in guerra ed era una fascista convintissimo, alla fine della guerra non sapeva piu cosa fare: così il nonno gli fece fare il vicedirettore dell’ente provinciale turismo di Napoli. Pochi mesi dopo lo mandò a Catania. Eravamo li nell’estate del 1946: faceva un caldo terribile e mia madre per portarmi via da quel caldo mi portò dai suoi genitori a Valmorea, o meglio a Caversaccio, con un volo che arrivò nel vecchio aeroporto di Malpensa, allora piccolissimo. Lei si accorse che in effetti da queste parti il clima era generalmente migliore, ma soprattutto si accorse che il posto da direttore dell’ufficio turismo a Varese non era ancora stato assegnato, cosi convinse mio padre al trasferimento. Cominciamo a trasferirci già alla fine del 1946, ma siamo varesini ufficialmente dal 27 marzo 1947».
Dopo tanti anni, cosa pensa di Varese?
«Io ho sempre adorato Varese, e devo tantissimo ai varesini. Certo, mi piaceva di piu una volta, ma la decadenza della città è sotto gli occhi di tutti. Quando mio papà era direttore dell’ente provinciale per il turismo, Varese era la Versailles d’italia, un periodo che dagli 80 dell’ottocento arrivò fino alla seconda metà degli anni 70. Va però sottolineato che questo non dipende tanto dai varesini, quanto da una decadenza generale. A Varese il fenomeno è solo accentuato. Io ritengo che ciò che non funziona piu è che mancano i bottegai. Varese è stata grandissima proprio a causa dei suoi bottegai: lavoravano in una maniera mostruosa e poi si dedicavano anche alla città, ed erano capaci. Man mano che sono declinate e poi scomparse le botteghe anche la capacità civica della città è scemata. Io identifico il periodo della bottega varesina come il periodo migliore della città, perchè oltre al lavoro pensavano al bene della loro città, e non facevano politica per far carriera, come si fa adesso, ma perchè si è fatta carriera e si vuole condividere con gli altri questa capacità. Io ho cercato di far qualcosa nel mio piccolo regalando i circa 7000 libri che avevo nel mio studio in via Carrobbio alla Biblioteca Civica. Spero che nella biblioteca nuova ora in costruzione facciano una stanza tutta per me».
Quali persone, tra i varesini che ha conosciuto, ricorda volentieri?
«Il primo da citare è mio padre Manlio, che è stato un gigante, devo ammettere che i miei genitori ci hanno educato in maniera straordinaria. il suo ricordo per me è sempre commovente. Poi vorrei ricordare Luigi Zanzi, il notaio, presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno quando io sono diventato direttore. una persona incredibile che non è mai ricordata abbastanza. E ancora l’avvocato Aldo Lozito, persona di grandissimo livello culturale o il dottor Mario Ossola, che è stato sindaco di Varese e straordinario personaggio: tra le altre cose, lui era prima categoria nazionale di scacchi, un vero campione. Ricordo volentieri anche Ernesto Redaelli, papà di Giuseppe, persona squisita e di grande levatura. Ma anche il professor Emilio Giudice, ginecologo, che ha portato la ginecologia all’ospedale di Varese o il notaio Giuseppe Bortoluzzi, che era un uomo di cultura e nello stesso tempo politico: è stato anche consigliere per il partito liberale. Ma anche l’avvocato Bombaglio, o Ambrogio Vaghi, Attilio Spozio… quella del dopoguerra è stata una generazione mostruosa, non solo a Varese. Per non parlare di Piero Chiara che è stato mio maestro, ma no per motivi letterari. A 16 anni mi sono iscritto alla gioventù liberale, quando il presidente del PLI varesino era Piero Chiara. Cosi lui è stato mio maestro non dal punto di vista letterario ma per mille altre cose: come la politica, il gioco d’azzardo e altro di cui però non parlo mai».
“TUTTI MI CHIAMANO AMERICANISTA, MA SOLO PERCHÈ MI CHIEDONO SOLO DI QUELLO”
Lei è anche un americanista, sempre interpellato in occasione delle elezioni presidenziali americane…
«Tutti mi chiamano americanista, ma solo perchè mi chiedono di parlare di questo. Del resto tutti sono interessati agli Stati Uniti. In realtà potrei parlare di tutto: se vuole le racconto del Giappone, conosco tutta la storia dello shogunato… oppure: lei sa che la Bolivia ha un’altra capitale che si chiama Sucre?»
Già che ci siamo ci parla della campagna elettorale Usa?
«Come può immaginare, ne sto già parlando da un po’, in particolare sul sito ItaliaUsa.org della fondazione Italia – Usa di cui sono presidente onorario. Dal 12 gennaio, quando ho ricominciato a occuparmi delle presidenziali, ho già scritto oltre 300 articoli. Ma non scrivo solo li, questo apparentamento tra me e le elezioni americane è costante. Dal 2000 poi Bruno Vespa mi chiama in trasmissioni dedicate agli USA un paio di volte all’anno, e da qualche anno mi manda una troupe a casa per commentare da qui».
Ha pronostici da fare per queste presidenziali?
«No. E non è una questione legata ai candidati, ma semplicemente ai tempi: è ancora troppo presto. Le faccio un esempio: nel 1988 il candidato dei repubblicani era George Bush, che combatteva contro Michael Dukakis. A luglio, Dukakis era davanti a Bush di 18 punti nei sondaggi. A Novembre ha perso di 12 punti. I sondaggi non valgono niente. Ma lei sa perchè si vota il 5 novembre? Perchè dal 1848 si vota il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre, dell’anno coincidente con il bisestile. E perchè non semplicemente il primo martedì? Perchè se fosse solo il primo martedì potrebbe cadere nel giorno di Ognissanti, giorno religioso che quando è stata varata la legge era una coincidenza assolutamente da evitare»
Ok, niente pronostici. Ci può però dare una sua opinione sui due contendenti Trump e Biden, che sono peraltro già stati entrambi presidenti?
«Innanzitutto Donald Trump si è candidato come repubblicano, ma non è stato repubblicano per la maggior parte della sua vita precedente. All’atto dell’iscrizione alle liste elettorali ,cosa obbligatoria in USA per votare, non come succede da noi, fino al 2000 si è iscritto nella maggior parte delle occasioni come Democratico e una volta sola come riformista, la formazione di Ross Perot. Solo dopo ha aderito a al partito Repubblicano. Si può quindi dire un repubblicano sui generis, un tipo molto indipendente che negli Usa è definito “maverick” in Texas si chiama cosi il capo di bestiame non marchiato, quindi senza padrone e in politica si definiscono cosi quelli che non hanno una regola partitica. E’ diventato repubblicano ma nello stesso tempo è estremamente diverso da loro: i vecchi repubblicani erano tutti contro di lui. Però ha travolto tutti e ha ottenuto due volte di diventare il loro candidato. Joe Biden invece è un vecchio arnese della politica: la prima volta che si è candidato presidente era il 1987. E’ in pista da un tempo infinito. Alla fine di febbraio del 2020 era indietro rispetto a Bernie Sanders, ma alla fine è riuscito a imporsi come perfetto candidato contro Trump, come in effetti è stato. Ma diciamolo: è stato spesso miracolato. Per esempio se Barack Obama non l’avesse preso come vice presidente per motivi squisitamente geopolitici, lui sarebbe rimasto nella corrente dall’1,8% di consenso in cui era. L’altro miracolo per lui è che è che scoppiato il covid: qui il presidente in carica Trump va in difficoltà e lui ha così potuto godere di questo vantaggio, che l’ha portato ad essere eletto al suo posto. E mi sa che, sempre per miracolo, verrà confermato. Ma questa è una mia pura sensazione».
MAURO DELLA PORTA RAFFO E IL “SUO” COVID
Il Covid è stato non solo una tragedia mondiale, ma anche un drammatico punto di svolta nella sua vita. Ha voglia di raccontarcelo?
«Certo: nel 2019 avevo 75 anni e credevo di essere un virgulto. Poi il 5 novembre del 2020 mi son ammalato e ho avuto un “long long covid”, durato fino alla fine di maggio 2021. Sono sempre stato curato a casa, fortunatamente, e le mie donne sono state straordinarie per questo. Ho affrontato due volte la polmonite interstiziale, mi è peggiorata la situazione polmonare, ne ho avute insomma di tutti i colori. Il 2022 poi è stato un anno cosi cosi, ma il 2023 è stato un disastro le ho avute tutte di nuovo. Ma sono qui ancora». Nel frattempo però: «Ho dovuto rinunciare a fare il sindaco di Varese: purtroppo sono stato ricoverato nel momento in cui ho ricevuto la richiesta di candidarmi. Peccato, mi sarei divertito ancora: già nel 2011 ero stato candidato sindaco con la mia lista “La Varese che vorrei”»
Come festeggia i suoi 80 anni?
«Provo a dirglielo con una citazione de “La famiglia” di Ettore Scola: Gassman si avvia dove lo aspettano i famigliari per festeggiarlo e si limita a dire “Oggi compio 80 anni, dicono sia l’età piu bella….” Fuori di citazione, sarò con mia moglie Silvana, detta Sissi, e purtroppo solo con una delle mie due figlie – che si chiamano Alessandra e Federica – e i suoi due figli, Giulio e Tommaso. Che sanno tutto sulla rivoluzione messicana perchè gliel’ha spiegata il nonno. Comunque è bello festeggiare il compleanno nello stesso giorno di Gesù»
Prego?
«Certo, non sa che Gesù è nato il 17 aprile del 7 avanti Cristo? Innanzitutto, poichè Erode è morto nel 4 avanti cristo, Gesu Cristo non poteva essere nato dopo…Tornando a Dionigi il piccolo, quello del mio sbaglio, lui aveva sbagliato qualche calcolo nella calendarizzazione della nascita di Gesù. Nuovi studi infatti arrivano alla conclusione che è nato il 17 aprile dell’anno 7 avanti Cristo: innanzitutto perchè ora si parla di una stella cometa, ma nel vangelo però questa immagine è definita solo come “corpo celeste”. Per trovare nella storia qualcosa di simile, si deve risalire al 7 avanti Cristo, in cui è rilevato un allineamento di pianeti (Che può dare l’impressione a chi guarda il cielo di un corpo molto lungo o comunque qualcosa di simile a una cometa) il cui momento di massimo fulgore, quello dell’arrivo dei re Magi, cade il 29 aprile. Lui era nato 12 giorni prima dell’arrivo dei Re Magi, ed ecco qui».
La ringrazio infinitamente per questa conversazione. C’è qualcos’altro che devo tenere a mente?
«A dire il vero ci sarebbero mille cose da dire ancora della mia vita: come i 300 incontri che ho fatto al caffè Zamberletti: ci sono passati tutti, da Milva a Bruno Lauzi a politici e studiosi. Oppure della mia carriera politica, che è parecchio lunga. O del fatto che conosco tutto anche in tema di sport: sono certamente il più grande conoscitore almeno per quanto riguarda la storia di Pugilato, Tennis e Ciclismo… Però tengo in particolare a una cosa: non chiamatemi giornalista, non lo sono. Semmai sono uno scrittore. E che nessuno mi chiami esperto: perchè Frank Lyoid Wright ha detto, e io sono d’accordo con lui, che chi è esperto è uno che ha smesso di ragionare».
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