“Il corpo è mio, decido io”: a Varese, 46 anni dopo, il grido delle ragazze femministe come quello delle loro madri

Oggi pomeriggio il collettivo femminista Fem.Va ed Eos - Centro di ascolto donna, hanno manifestato davanti all'Ospedale Filippo Del Ponte insieme a un centinaio di persone in occasione della mobilitazione nazionale di Non Una di Meno contro gli attacchi al diritto all’aborto

Varese - La manifestazione in difesa del diritto all'aborto

Anche a Varese donne di ogni età, ma anche diversi uomini, in piazza per la difesa del diritto all’aborto. Oggi pomeriggio il collettivo femminista Fem.Va ed Eos – Centro di ascolto donna, hanno manifestato davanti all’Ospedale Filippo Del Ponte insieme a un centinaio di persone in occasione della mobilitazione nazionale di Non Una di Meno contro gli attacchi al diritto all’aborto. Un luogo scelto non a caso, perché proprio nel polo materno infantile di piazza Biroldi  è presente da quasi vent’anni uno sportello di ascolto del Movimento per la Vita aperto negli stessi orari dell’ambulatorio di riferimento per l’interruzione volontaria di gravidanza.

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A Varese la manifestazione in difesa del diritto all’aborto 4 di 10

«Un diritto sancito 46 anni fa dalla legge 194/1978, ma violato e disatteso ogni giorno in tutte le regioni d’Italia – hanno spiegato le ragazze di Fem.Va e le donne di Eos – Dobbiamo fare un esame di realtà: non possiamo stupirci che l’attuale governo prenda i pezzi della Legge 194 che gli interessano e li pieghi ai suoi disegni. Una politica che va di pari passo con la lotta contro le famiglie “arcobaleno”, alla discriminazione dei migranti, alle vuote promesse sugli aumenti degli asili nido a supporto delle donne che lavorano. Non dobbiamo stupirci, ma dobbiamo lottare per difendere questo diritto, il diritto di ogni donna di scegliere liberamente quello che è giusto per sé».

Al centro della riflessione di oggi pomeriggio il ruolo dei consultori pubblici, sempre meno e sempre meno attrezzati per garantire alle donne prevenzione, salute e diritti, a fronte di una crescita dei consultori privati delle associazioni antiabortiste, ma anche la presenza di un numero sempre crescente di medici “obiettori di coscienza” che di fatto restringono la possibilità per le donne di interrompere la gravidanza, mettendo sotto stress i pochi medici che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza. Ugualmente la scelta di praticare l’interruzione chirurgica invece di quella farmacologica «trasformando ogni aborto in un evento traumatico», o la “settimana di riflessione” a cui sono costrette le donne che hanno scelto di abortire o la tremenda pratica di far sentire il battito del feto, una violenza psicologica inammissibile.

Molti gli interventi e le testimonianze di donne e di professioniste che operano nel settore da cui è emersa con grande chiarezza una crescente difficoltà che riguarda tutta la sfera della sessualità consapevole, a partire dalle contraccezione, dalla prevenzione e dall’educazione sessuale.

«Non ci stiamo – è il messaggio delle donne di Fem.va ed Eos – Vogliamo attraversare gli spazi della salute senza paura, senza giudizio e senza abusi; vogliamo riappropriarci di un sistema sanitario pubblico, laico, adeguatamente finanziato, accogliente e per tutti; non vogliamo penalizzazioni o interferenze sui nostri corpi. Rivendichiamo il diritto di ciascuna e ciascuno all’autodeterminazione. Né la Chiesa, né lo Stato, né le associazioni possono scegliere per noi».

Dopo mezzo secolo nelle piazze risuona lo slogan che ha segnato un cambiamento epocale della nostra società: le figlie di oggi, come le loro madri, sono costrette a ribadire “Il corpo è mio, decido io”.

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Pubblicato il 25 Maggio 2024
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