A Glocal Doc il viaggio femminista dall’Iran e Afghanistan in Europa: “Una lotta per i diritti di tutti”
Al festival di Varese la regista Sara Del Dot ha presentato "What We Fight For", che mostra il coraggio di Nahid, Eli e Sude: la loro fuga per la libertà si trasforma in un potente megafono per i diritti umani e l'integrazione
Migrazione, lotta per i diritti umani, speranza di emancipazione che si fa attivismo femminista. Nel documentario What We Fight For in concorso a Glocal Doc, la rassegna di documentari che anticipa il festival del giornalismo di Varese, la coppia di registe Sara Del Dot e Carlotta Marrucci intreccia un racconto a più voci che è sia intimo che universale e, soprattutto, attuale. Ancora di più dopo le recentissime immagini dalla studentessa iraniana Ahoo Daryaei, spogliatasi all’ingresso dell’università di Teheran in segno di protesta contro la violenza perpetrata dalla polizia morale della Repubblica Islamica e in seguito arrestata.
Protagoniste, dietro e davanti la macchina da presa di Del Dot-Marrucci, sono l’afagana Nahid Akbari e le sorelle iraniane Eli e Sude Fazlollah: tre donne che, ancora giovani, hanno abbandonato la loro vita nelle città dove sono cresciute, costrette a ricominciare una completamente nuova. La voce di Nahid si alterna a quella di Eli e di Sude per 72 minuti, seguendo le rotte dalla partenza in Medio Oriente all’integrazione in Europa, passando per le lunghe tappe “ai confini” nei paesi dei Balcani, fino a fondersi idealmente non in una sovrapposizione di eventi o posizioni geografiche bensì per il messaggio di attivismo sociale e lotta per i diritti.
Il documentario – realizzato in quasi quattro anni di lavoro – mostra una storia di fuga e sopravvivenza che diventa al tempo stesso un vero e proprio viaggio di trasformazione: la consapevolezza accresciuta passo dopo passo lungo tutto il cammino hanno fatto di Nahid, Eli e Sude delle attiviste, portavoce delle tante donne e dei tanti migranti che si trovano in condizioni simili, ciascuno naturalmente con la propria storia. La coralità femminile di What We Fight For racconta in prima persona anche di abusi, soprusi e discriminazioni ma senza cadere mai, e nemmeno avvicinarsi a indugiare, nella pornografia del dolore, alimentando invece il desiderio di un cambiamento che va oltre i confini delle nazioni.
«Il documentario mostra i percorsi migratori di tre donne – con tutte le loro difficoltà, cosa succede loro una volta arrivate nel paese di destinazione e una lotta che continua per i diritti di tutte e tutti. Nel realizzare questo documentario ci siamo posti come dei “media” per far fluire queste storie raccogliendole e integrandole in un unico film. Abbiamo utilizzato molto materiale fornito direttamente dalle protagoniste. Far emergere tutte le voci con la delicatezza che questi temi necessitano non è stato semplice ma siamo contente di presentare un lavoro molto femminile e corale. Speriamo sia un modello positivo da replicare» spiega Del Dot al termine della proiezione della pellicola al cinema Miv di Varese la sera del 4 novembre, in sala Venere.
Perché What We Fight For è Glocal? «Crediamo che il documentario What We Fight For possa considerarsi “Glocal” perché affronta una tematica che non riguarda soltanto i luoghi e le situazioni raccontate, ma pervade e attraversa il mondo intero. Tre storie, raccontate in prima persona dalle voci delle giovani donne che le hanno vissute, parlano di radici lontane, del bisogno di lasciare il proprio paese verso un domani migliore, dell’essere donna e muoversi per il mondo, ma anche del coraggio di far sentire la propria voce, di guardare con speranza al futuro, il proprio e quello di tutti».
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