Il primo falò di Sant’Antonio per monsignor Gabriele Gioia, il nuovo prevosto di Varese
Alla vigilia della ricorrenza più amata, il prevosto parla per la prima volta da varesino. «Sto scoprendo le potenzialità della comunità. La festa? Me la sono fatta raccontare: felice di viverla»

A pochi giorni dal tradizionale falò di Sant’Antonio, Monsignor Gabriele Gioia (Nella foto di copertina, di fianco al sindaco di Varese) si racconta a Varesenews nella sua prima intervista come prevosto di Varese.
Nato a Lecco nel 1961 e cresciuto a Valmadrera, don Gioia è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Milano nel 1986, durante l’episcopato del cardinale Carlo Maria Martini.
Dopo anni di servizio prima come parroco a Cassano Magnago e poi come rettore del Collegio Arcivescovile “Alessandro Volta” di Lecco, ha raccolto l’importante eredità pastorale della basilica di San Vittore.
UNA VITA ECCLESIASTICA SEGNATA DA SANT’ANTONIO ABATE
Abbiamo incontrato il prevosto per la prima volta alla vigilia di una festa religiosa molto sentita in città: «Per me è una novità celebrare questa festa qui a Varese, e sono felice di raccogliere una tradizione così significativa. È la prima volta che partecipo da prevosto e da parroco, come responsabile della comunità del centro. A Sant’Antonio chiederemo di vegliare sulla nostra città e di esaudire le preghiere di quanti lo invocano».
Gioia non ha mai vissuto la festa di Sant’Antonio a Varese: «Ma ne ho sentito parlare da chi l’ha vissuta e sono stato coinvolto dagli organizzatori – ha sottolineato il nuovo Prevosto – Conosco però molto bene la figura di Sant’Antonio Abate: insieme a San Benedetto è uno dei grandi padri del monachesimo, ed è una figura profondamente radicata nei nostri territori. Io stesso sono originario di una parrocchia che ha Sant’Antonio Abate come patrono, e al mio paese questa festa è molto sentita».
Il suo cammino ecclesiastico è segnato da esperienze significative: dal 1992 al 2005 è stato vice rettore al Collegio Volta di Lecco, poi parroco della Comunità pastorale San Maurizio di Cassano Magnago per 14 anni, prima di tornare a Lecco nel 2019 come rettore. «Anche se l’esperienza è coincisa con gli anni difficili del Covid, è stata comunque molto positiva – Sottolinea – Durante quel periodo, ho visto da vicino l’impatto della pandemia, soprattutto nel mondo della scuola».
A Varese, la sfida è diversa: «La città ha una dimensione molto più ampia rispetto a Cassano Magnago: qui ci sono diverse comunità pastorali in città, mentre lì coincideva con l’intero comune – spiega – Sono stato accolto subito con grande cordialità, e questo è stato un bel modo di iniziare. Ho però già notato quanto sia complesso camminare insieme come comunità ecclesiale: le proposte spesso si sovrappongono, rendendo difficile una piena partecipazione. Sento che sarà necessario lavorare sul senso di unità e sul cammino condiviso».
SI COMINCIA DAL GIUBILEO
Monsignor Gioia ha sottolineato l’arrivo del Giubileo e l’importante ruolo delle chiese giubilari di Varese, che hanno segnato l’inizio del suo ruolo. «Il Sacro Monte è una chiesa giubilare e la Basilica di San Vittore è un punto penitenziale importante: sono due punti importanti per questo anno santo a Varese e uno degli impegni principali affidatimi riguarda proprio questo aspetto – spiega – Purtroppo, la scomparsa di figure storiche tra i confessori come don Giulio Ambrosini e monsignor Giovanni Buga ha lasciato un vuoto nel servizio di confessione. Noi cerchiamo giorno per giorno di garantire continuità a questo servizio, ma la situazione è complessa: basta un’assenza per motivi di salute e diventa difficile coprire i turni».
Riguardo la confessione, Monsignor Gioia riconosce la crisi del Sacramento, ma osserva con fiducia: «Nonostante la flessione delle richieste, molte persone continuano a cercare la misericordia di Dio, anche perchè san Vittore è un punto di riferimento anche per chi non appartiene alla parrocchia».
L’IMPORTANZA DEI LAICI PER LA COMUNITÀ RELIGIOSA VARESINA
Il nuovo prevosto ha anche evidenziato il contributo dei laici nella vita pastorale della comunità: «Abbiamo accolto nella comunità di sant’Antonio Abate don Agostino Ferrario, che è sceso dal Sacro Monte e ora cura la preghiera nella chiesa di San Giuseppe. Ma devo ringraziare anche i laici per la loro sensibilità e disponibilità: grazie al loro impegno possiamo mantenere l’adorazione eucaristica nelle ore in cui l’Eucarestia è esposta: così per esempio la chiesa di San Giuseppe è rimasta un’oasi di spiritualità, nonostante la partenza delle suore. Grazie a loro continua a essere un luogo di riflessione e ristoro spirituale nel cuore di Varese. Le chiese di Varese inoltre sono curate e belle, segno di una grande attenzione».
Per questo, in questa fase iniziale del suo mandato, Monsignor Gioia adotta un approccio di ascolto dei suoi parrocchiani: «Presentarsi ad una comunità con un progetto predefinito rischia di creare qualcosa di artificiale – conclude Gioia – Preferisco scoprire le potenzialità e affrontare le difficoltà insieme alla comunità, per iniziare un cammino condiviso».
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