Parla il capo ultras degli Arditi nel processo per gli scontri con Bologna: “Ero coi miei ragazzi, ma non c’entro con le violenze”

51 anni e con la fedina penale non propio immacolata (anche da 15 anni di daspo), Marco Murano in aula racconta gli animi del dopo partita. È chiamato a rispondere di “concorso in resistenza a pubblico ufficiale“ e “interruzione di pubblico servizio“

Generico 07 Apr 2025

«Prima di tutto gli Arditi, i miei ragazzi. Anche quel giorno lì, che non stavo bene, non ero in forma, sono andato. E l’ho fatto per senso di responsabilità, proprio per evitare casini. Eravamo di fronte alla polizia, con le telecamere in faccia, figuriamoci se mi mettevo a picchiare i reparti mobili».
Quel giorno lì era il post partita di una Fortitudo Bologna – Varese: siamo nel campo del basket e la sfida, in casa dei biancorossi, si è giocata al palazzetto il 24 aprile del 2022.

Tensioni prima della partita. Cori durante, con la temperatura che — neppure tanto sotto traccia — si riscalda. Poi il botto finale: ben due cordoni di carabinieri e polizia in tenuta antisommossa devono contenere le tifoserie. Qualcuno cade, partono fumogeni, cinture con pesanti fibbie vengono sfilate dai pantaloni e usate come armi improprie contro gli scudi (due scudi saltano).

In una parola: scontri.

Le indagini non sono neppure troppo complesse: la scientifica della polizia rileva tutto con video dettagliati che ritraggono volti e figure che si muovono in mezzo alla guerriglia. Si arriva a processo, e una quindicina di imputati vengono messi alla prova. Daspo e procedimento sospeso. Ma in caso di esito positivo della «messa alla prova», reato estinto e fedina penale pulita.

Non come quella di Marco Murano, 51 anni, unico a essere finito a processo nel dibattimento, che ha dato la sua versione dei fatti nell’udienza di martedì. È imputato per concorso in resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.
È il capo degli Arditi, con alle spalle ben 15 anni di Daspo, misura disposta dal questore che vieta anche l’accesso agli impianti sportivi. Un passato con segni distintivi: condanne per rapina vent’anni fa, porto abusivo d’arma da fuoco, evasione.

«Ma quel giorno non ho partecipato agli scontri. Non ho picchiato nessuno, figuriamoci se mi metto ad aggredire agenti in assetto da “ordine pubblico”. Ci mancherebbe. Anzi, alla fine del casino, sono stati loro a dirmi che mi ero comportato correttamente. Del resto, sapevo che dovevo stare vicino ai ragazzi, agli Arditi. Non ero al 100% — problemi al cuore — ma non volevo lasciarli soli. Io non mi sottraggo mai alle mie responsabilità. Mai. Anche quella volta».

Ma allora, cos’è successo quel giorno? Perché nella precedente escussione i dirigenti della polizia hanno raccontato di scontri, di agenti feriti, colpiti da oggetti, addirittura fumogeni sparati contro di loro?

«Ripeto: nulla di premeditato da parte di nessuno», ha concluso Murano, aggiungendo in aula: «Soprattutto contro le forze dell’ordine, visto lo schieramento. Certo, contro quelli della Fortitudo è un altro discorso, quello non posso negarlo. Ma il resto, cioè il fatto che i ragazzi erano lì per scontrarsi con la polizia, è pura fantasia. Poi purtroppo è successo. Ma è stata la tensione. Poi, tra una cosa e l’altra, è successo quello che è successo. Probabilmente uno sguardo sbagliato, una frase di troppo detta male… ma io non so dire esattamente quanto avvenuto, perché in quel momento ero leggermente spostato. Tra l’altro, facevo pure fatica a stare in piedi».

Un racconto che Murano ha ribadito più volte, sostenuto dal suo legale Marco Banchi, che si dice sicuro di riuscire a dimostrare in aula l’innocenza del proprio assistito: «Alla prossima udienza mostreremo i filmati, e si chiarirà la posizione di Murano».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 08 Aprile 2025
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