A Varese le lacrime di una madre in tribunale: “Ho tolto lo smartphone a mio figlio e mi ha sputato in faccia“
Un ventenne è finito a processo per maltrattamenti in famiglia. La donna non voleva denunciare, ma il procedimento è partito d’ufficio da parte della Polizia

Vite complicate da una parte all’altra dell’Oceano: una famiglia argentina si trasferisce in Italia, un figlio giovanissimo rimane qui con la madre dopo una lunga permanenza nel Paese d’origine, dove viveva con l’altro genitore. La donna ha problemi di salute e all’arrivo in Italia del ragazzo, non riconosce più il figlio dai comportamenti assunti dal ragazzo: «Era cambiato».
Preoccupazioni di madre che trovano conferma, secondo quanto raccontato in aula mercoledì al giudice, nel comportamento del giovane, completamente succube – sempre secondo la donna – della vita “virtuale”: smartphone sempre in mano, orari sballati, mille sigarette al giorno, insonnia, tensione e nervosismo, atteggiamenti violenti, risposte terribili, come quella volta in cui, malata anche di depressione e spesso a letto, venne raggiunta dal figlio che le disse: «Ma perché non ti ammazzi?».
La madre, d’istinto, cerca di salvare quel ragazzo e scopre una relazione del giovane con una coetanea messicana. Ma scopre anche molto di più: «Avevano pianificato di togliersi la vita assieme». Una doccia fredda per la donna, che si oppone a quella relazione a distanza, pericolosa e incontrollabile. Lei soffre perché sente di aver perso quel ragazzo «che era bravissimo, un angelo, lavorava…». Decide così di intervenire: «Lui ha cominciato a cambiare vita, a non dormire, a chiudersi in stanza col telefono e a non fare altro. Una notte, saranno state le quattro, sono entrata nella sua camera e gli ho strappato il telefono di mano mentre parlava con quella fidanzata». È lì che la situazione degenera: «Mi ha aggredita verbalmente. Mi ha sputato in faccia».
I fatti contestati risalgono a un periodo successivo al 2022. La donna chiama più volte la polizia. Viene convocata in questura e racconta quanto accaduto: non botte prese dal figlio, ma ingiurie, piccole colluttazioni, episodi di violenza, come una porta sfondata dal giovane. Parte così d’ufficio la denuncia per maltrattamenti in famiglia e scatta la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, tuttora vigente.
Il processo prosegue nonostante la madre non abbia mai sporto denuncia contro il figlio: si tratta infatti di una procedura d’ufficio assimilabile al cosiddetto “codice rosso”, che una volta attivato prosegue il suo corso nelle aule di giustizia. Le prossime udienze si terranno da qui a luglio, quando verrà probabilmente sentito l’imputato, difeso dall’avvocato Marco Lacchin: «Più che maltrattamenti in famiglia, il comportamento – a mio avviso – si inquadra in una relazione turbolenta fra madre e figlio, nulla di più», ha commentato a margine dell’udienza.
A valutare quanto emerso sarà la giudice Rossana Basile.
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