Da Busto Arsizio al Madagascar, un progetto per garantire dignità mestruale alle ragazze di un orfanotrofio
Giulia Volpe è arrivata ad Antananarivo per il servizio civile e insieme a una collega francese si è attivata su una questione molto concreta. Che è anche solidarietà di genere

Da Busto Arsizio al Madagascar, per un progetto a favore delle donne: garantire dignità mestruale alle ragazze di un orfanotrofio.
Giulia Volpe, giovane volontaria bustese, racconta l’iniziativa degli assorbenti lavabili nata per rispondere a un bisogno reale e troppo spesso ignorato. «Le ragazze del foyer in cui viviamo erano molto imbarazzate nel rispondere alle nostre domande. Ma abbiamo capito che c’era un bisogno reale, urgente e troppo spesso ignorato».
Da questa semplice ma potente constatazione prende avvio un progetto nato lontano, in Madagascar, ma con radici ben piantate a Busto Arsizio. Volpe, classe 2003, originaria della città del Varesotto, è una delle giovani volontarie che hanno dato vita a un’iniziativa concreta e innovativa per migliorare la salute mestruale delle ragazze ospiti di un foyer (un orfanotrofio), della capitale malgascia. Il contesto è quello di una delle nazioni più povere al mondo, dove «le donne usano pezzi di stoffa piegati nella biancheria, o addirittura materiali naturali trovati in campagna».
È stata proprio questa realtà, scoperta giorno dopo giorno vivendo accanto alle ragazze, a far nascere l’idea degli SHL: serviette hygiéniques lavables, ovvero assorbenti igienici lavabili e riutilizzabili. Un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria.

Da Busto al Madagascar, passando per l’ascolto
Giulia Volpe è arrivata in Madagascar attraverso il Servizio Civile Universale. Dopo aver frequentato il liceo Crespi di Busto Arsizio, indirizzo Scienze Umane, ha iniziato a interessarsi al sociale e ai diritti umani grazie a esperienze di volontariato con ragazzi disabili e in un centro di alfabetizzazione per adulti stranieri. «È lì che ho capito che volevo lavorare con le persone, specialmente in ambito interculturale», racconta.
«La scelta dell’università non è stata facile, ma volevo portare un cambiamento. Alla fine ha scelto Relazioni Internazionali, attratta dalla prospettiva di lavorare nella cooperazione e affascinata dai temi legati alle migrazioni e ai diritti umani. “Durante i primi corsi ho scoperto l’importanza del diritto umanitario, dei diritti dei detenuti, della tutela internazionale».
Dopo l’Erasmus, la decisione: fare domanda per il Servizio Civile. «Volevo partire per l’Africa, ma non sapevo dove. L’unico requisito era la motivazione, non serviva conoscere la lingua». Oggi Giulia vive ad Antananarivo, dove insegna italiano a tre classi di un liceo e abita con 54 bambine tra i 6 e i 18 anni, in un orfanotrofio gestito dalle suore salesiane. «La vita qui rispecchia ogni stereotipo sull’Africa. Le famiglie sono numerose, anche con sei figli, e uno stipendio medio è di circa 50 euro. Io non devo rinunciare a molto, ,ma a volte manca l’acqua o la corrente elettrica. È un’esperienza che ti cambia. Io qui ci ho lasciato il cuore».

Un’idea nata dall’esperienza, non da una teoria
L’idea degli SHL è nata nel mese di ottobre, quando le volontarie – due italiane e una francese – hanno iniziato a osservare la quotidianità delle ragazze del foyer. Il primo ostacolo è stato parlare apertamente di mestruazioni: «Erano molto imbarazzate, non volevano rispondere. Ma poi, dialogando anche con le suore, abbiamo capito che in Madagascar quasi tutte le donne usano pezzi di stoffa, se hanno la fortuna di averne».
A quel punto è iniziata una fase di ascolto e approfondimento. Claire, la volontaria francese, si è avvicinata a un’associazione eco-femminista di Antananarivo che produce SHL artigianalmente. «Non volevamo un progetto calato dall’alto, non volevamo portare una soluzione occidentale in un contesto completamente diverso. Per questo abbiamo chiesto, parlato, ascoltato. Abbiamo voluto fare qualcosa che rispondesse davvero a un’esigenza locale».
I vantaggi degli SHL sono molteplici: sono dotati di tessuto impermeabile, che previene le perdite; si fissano agli slip con bottoni a pressione, evitando che scivolino e consentendo anche di praticare sport durante il ciclo; sono facilmente richiudibili e trasportabili durante la giornata. Ogni kit fornisce una quantità sufficiente per coprire l’intero periodo mestruale, migliorando igiene, comfort e sicurezza.
Non solo un aiuto, ma una formazione professionale
Ma c’è di più. Il progetto non si limita a fornire gli SHL: sarà infatti il centro di formazione professionale annesso al foyer a produrli. Le allieve della scuola di cucito, coordinate dalla professoressa, realizzeranno ogni singolo assorbente, integrando questa attività nel programma scolastico dei prossimi anni. «Vogliamo che questa diventi una competenza concreta, utile anche nel futuro lavorativo delle ragazze».
La sostenibilità è al centro di tutto: sia quella ecologica, perché si evitano prodotti monouso, sia quella economica e sociale, perché le ragazze imparano un mestiere e rispondono ai bisogni della propria comunità. Una raccolta fondi per allargare il progetto La raccolta fondi, attualmente attiva, servirà ad acquistare il materiale necessario: tre tipi di tessuto, filo, bottoni a pressione e una macchina per applicarli. Al momento, sono già stati prodotti 600 SHL a spese delle volontarie, ma l’obiettivo è ben più ambizioso: realizzare 3600 assorbenti lavabili per coprire il fabbisogno di circa 400 donne tra ragazze del foyer, allieve del centro di formazione e personale. Il progetto, se ben finanziato, potrà essere esteso anche agli altri quattro centri di formazione delle suore salesiane presenti in diverse zone del Madagascar.
La raccolta terminerà il 19 giugno, in concomitanza con la fine dell’anno scolastico e con la conclusione dell’esperienza di volontariato delle ragazze. È possibile contribuire concretamente al progetto donando tramite il link ufficiale della campagna, cliccando qui.E se le donazioni dovessero superare il necessario, i fondi in eccesso saranno devoluti alla comunità salesiana che, quotidianamente e silenziosamente, si prende cura delle bambine del foyer e sopravvive grazie alla generosità altrui.
“La sorellanza può guarire il mondo”
A raccontarlo è Claire Pérold, volontaria francese, che insieme a Giulia Volpe vive questa avventura con entusiasmo e profondo coinvolgimento. «Sono venuta in Madagascar per scoprire una cultura, incontrare persone e imparare dagli altri. La condizione delle donne nel mondo mi sta molto a cuore, e voglio agire a favore di tutte noi. La nostra vita, le nostre scelte sono politiche. Qui ho preso davvero coscienza dei miei privilegi di persona bianca e occidentale. Per questo agisco, convinta che la sorellanza possa guarire il mondo». Un progetto nato dall’ascolto, costruito con pazienza, e cresciuto grazie alla fiducia.
Un filo che unisce Busto Arsizio al Madagascar, passando per il coraggio di tre giovani donne che hanno scelto di mettersi in gioco. Perché anche un semplice assorbente, quando è cucito con consapevolezza, può diventare un seme di cambiamento.
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