“Le vie della pace”, tre giorni di scuola estiva all’Insubria tra letteratura, diritto e storia
L'appuntamento si è svolto a Villa Toeplitz. Un'occasione per riflettere insieme sul tema della pace e capire quali prospettive di pace sono connesse al proprio lavoro e alle proprie ricerche

Difficile parlare di pace nel momento in cui la guerra infuria in Ucraina e a Gaza, quella «a bassa intensità» tra India e Pakistan piomba in una spirale bellica a rischio nucleare, e ben pochi degli oltre cinquanta conflitti aperti nel mondo, dal Sudan al Myanmar, sembrano vicini a trovare soluzione.
Eppure è questo, parlare di pace, l’obiettivo che si sono dati i partecipanti alla Summer School internazionale dell’Università dell’Insubria (IISS) Miti e culture del Mediterraneo. Le vie della pace, organizzata a Varese tra il 28 e il 30 maggio dalla professoressa Elena Valentina Maiolini e dal professor Francesco Paolo Bianchi, del Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio (DiSUIT), con il patrocinio dei Centri studi CeSGReM (Centro studi Giustizia Riparativa e Mediazione) e REDESM (Religioni, Diritti ed Economie nello Spazio Mediterraneo) e della Rete Università per la Pace (RUniPace), che riunisce al suo interno ben settantacinque atenei italiani.
Tre giorni di dialogo con esperti internazionali
Nella bella cornice di Villa Toepliz, le tre giornate della Summer School hanno visto, a coppie, gli interventi di un ospite internazionale e di uno studioso dell’università insubre, organizzati in quattro sessioni. Il 28 maggio hanno aperto i lavori le italianiste Aurélie Gendrat-Claudel (Nantes Université) ed Elena Valentina Maiolini (Insubria), che hanno dedicato i loro interventi alle parole della pace nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, un pacifista (quasi) assoluto alle origini del romanzo nazionale, e a quelle di Niccolò Tommaseo, l’intellettuale perseguitato che pubblicava a Parigi sotto falso titolo il saggio politico Dell’Italia, il lessicografo che con il comasco Bernardo Bellini compilava pazientemente il Dizionario della Lingua Italiana ma, soprattutto, il geniale raccoglitore dei Canti popolari toscani corsi illirici greci, monumento in quattro volumi a un’identità mediterranea superiore a quella nazionale.
Nella seconda giornata di incontro sono intervenuti per primi Josep Tamarit Sumalla (Universitat Oberta de Catalunya) e Grazia Mannozzi (Insubria), esperti di diritto penale, che hanno discusso con i partecipanti le implicazioni del linguaggio giuridico e le istanze di una diversa giustizia per le vittime, capace magari di coinvolgerle in un processo di pacificazione non solo punitivo, ma realmente riparativo (La giutizia riparativa è il titolo di un bel volume dedicato al tema da Giovanni Angelo Lodigiani e da Mannozzi stessa).
Nel pomeriggio, Federica Frediani (Università della Svizzera Italiana) ha analizzato le possibilità offerte dalla nuova diplomazia (Second-Track Diplomacy) nella regione del Medio Oriente e del Mediterraneo, concentrandosi in particolare sull’esperienza pluriennale del Middle East Summer Summit (MEM) di Lugano, che periodicamente riunisce giovani di paesi diversi in un dialogo aperto volto a favorirne la cooperazione. L’ha seguita Antonio Angelucci (Insubria), che ha dedicato il suo intervento al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, o Dichiarazione di Abu Dhabi, siglato nel 2019 da papa Francesco e Ahmad Al-Tayyib, chiamata a una pace mondiale da parte dei due massimi leader del cattolicesimo e dell’islam sunnita.
L’ultimo giorno, Dominique Miething (Freie Universität Berlin) ha studiato l’itinerario europeo di un bel simbolo di pace, il fucile spezzato, tra le formazioni anarchiche del Novecento, e Alberto Castelli (Insubria) ha concluso la serie di interventi analizzando le retoriche belliciste contemporanee, di quelle in particolare che hanno accompagnato (e rinfocolato) il conflitto russo-ucraino.
Alla ricerca delle prospettive di pace nella vita di ogni giorno
La fine dei lavori, però, è stata affidata ai partecipanti, dottorandi, assegnisti, ricercatori e docenti da tutta Italia, che hanno risposto con entusiasmo: a loro è stato chiesto di ripensare ai dialoghi dei giorni precedenti, e di presentare un contributo sintetico sulle prospettive di pace connesse al loro lavoro e alle loro ricerche. Ne sono nati una ricca discussione che ha occupato gran parte dell’ultimo pomeriggio e un lungo elenco di parole dalle quali, magari, partire domani: «relazione», «responsabilità», «comunicazione», «ascolto» e, soprattutto, «ponti». Che sono quello di cui abbiamo bisogno, oggi come sempre, nella ricerca di una pace, anche grazie a questi giovani, forse un po’ meno indicibile.
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