Una “scultura che cammina”, per ricordare i dieci anni di Pride a Varese
C'è attesa per il nuovo "vestito di Vito" al Pride, A progettarlo e metterlo in pratica lo scultore vercellese Diego Pasqualin: “Sarà una summa di tutti gli abiti realizzati negli anni”

(Nella foto: il vestito per il Pride 2024)
C’è qualcosa che si attende ogni anno al Varese Pride, per chi lo frequenta da sempre: è conoscere come sarà il vestito di “Vito del Salotto”, cioè Vito Lionetti, proprietario dell’omonimo bar LGBTQI+ friendly in viale Belforte, ora SLTT2.
Scoprirlo è sempre una sorpresa: si tratta infatti di costumi davvero “esagerati”, ma mai privi di senso. Abiti enormi, spettacolari, che raccontano ogni anno una speranza, un diritto da conquistare. Dal costume arcobaleno, al cantiere fino al mappamondo: uno più visibile dell’altro, sono diventati una delle attrazioni più attese della parata.
Nei primi anni sono stati realizzati da alcuni amici (Tra cui Sonia Risi e Cristina Fanni), ma negli ultimi anni, a progettarli e realizzarli è stato lo scultore vercellese Diego Pasqualin. Pasqualin dirige, proprio a Vercelli, un centro culturale dedicato all’arte contemporanea, lo Studio 10, che a breve festeggerà 55 anni di attività no profit: «Un traguardo di cui siamo orgogliosi. È uno degli spazi più longevi dedicati all’arte contemporanea: non vende opere, ma espone quelle che meritano di essere conosciute».
Laureato all’Accademia di Brera, insegna scultura al liceo artistico di Vercelli e ha esposto più volte a Varese. «Ho iniziato a frequentare Varese perché ho collaborato a lungo con la Mazzucchelli, storica azienda plastica di Castiglione Olona: in quel periodo realizzavo opere con lastre di rodoid, che loro producevano. Nel 2016 ho tenuto una grande personale a Milano proprio con materiali Mazzucchelli, opere che ho poi esposto diverse volte anche al Museo di Arte Plastica (MAP) di Castiglione».
Ma i vestiti del Pride, racconta, non sono abiti: «Sono idee che diventano indossabili». Il primo si chiamava “Cantiere”: un costume come un cartello stradale per il futuro. «Era l’idea di un mondo in costruzione, dei lavori da fare per arrivare a certi diritti».
Quest’anno, in occasione del decennale del Varese Pride, Pasqualin ha pensato in verticale. Letteralmente. «È il più alto che abbiamo mai fatto. Più alto di Vito. Si sviluppa in altezza, ed è quasi una colonna del tempo». Un vero asse temporale che avvolgerà il corpo di Vito, trasformandolo in archivio vivente: l’abito racchiude e racconta dieci anni di costumi – e con loro, dieci anni di battaglie, simboli, conquiste.
Una sorta di “memoriale mobile” della resistenza queer, realizzato anche recuperando frammenti e materiali dalle creazioni precedenti, tutte rigorosamente conservate.
«L’abito dell’anno scorso, un mappamondo con le scritte No War – We Are Pride Everyday, era stato realizzato in collaborazione con Valeria Brugnoni – racconta Vito Lionetti – e si montava direttamente sul posto. Siamo arrivati in centro in auto e l’abbiamo assemblato lì. Quest’anno però no: l’opera è indivisibile. La prima domanda che ci poniamo è semplice: come ci arriveremo in centro?»
Detto così, la curiosità quest’anno è se Vito ci riuscirà ad arrivare, alla Parata del Pride. Ma noi siamo certi che troverà una soluzione, e che anche al Pride di Varese 2025 ci sarà una certezza: un abito impossibile prenderà vita nella parata. Per ricordare che l’arte e i diritti, quando camminano, non lo fanno mai da soli.
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