Costruire insieme la città: alle Acli Gallarate l’impegno per i diritti di tutti
Fin dalle origini nel 1945 il circolo ha cercato di portare risposte, dalla mensa per operai ai "palazzi Acli" sorti nelle periferie. Un impegno trasformatosi nel tempo, in dialogo con tante realtà diverse

La sedicesima e ultima tappa del nostro tour alla scoperta delle Acli del Varesotto, dopo Ispra, Bergoro, Caronno Varesino, , Curiglia,Cadero, Garabiolo, Tradate, Castellanza, Busto Arsizio, Saronno, Cairate, Uboldo, Varese, Castelveccana, Prendiamoci cura, Cassano Magnago
Settant’anni di storia, con tre fedeltà sempre rivendicate – «al Vangelo, ai lavoratori, alla democrazia» – e la capacità di leggere i bisogni del territorio trasformandoli in impegno concreto. Il circolo Acli “Achille Grandi” di Gallarate è stato ed è ancora oggi un presidio sociale, un luogo dove l’associazionismo incontra la vita quotidiana delle persone: dalla mensa operaia alle cooperative edilizie, dalla scuola d’italiano agli sportelli per i diritti, fino alle sfide attuali della sanità, del lavoro e della digitalizzazione.
Una trasformazione che segue i mutamenti della società, delle sue esigenze, dei modi di vivere l’impegno sociale.
«Il nostro circolo nasce il 12 agosto 1945, dopo la guerra e l’esperienza terribile della dittatura fascista. Il primo obiettivo è sempre stato la formazione morale e civile dei lavoratori, con attenzione ai problemi politici e culturali, sempre profondamente inseriti nel contesto cittadino», racconta oggi Rosalba Biagiotti, la presidente del circolo “Achille Grandi”. «Da allora abbiamo spinto per essere un’associazione in collegamento con il tessuto della città. E possiamo dire di aver sempre aderito alle tre fedeltà del movimento: al Vangelo, ai lavoratori, alla democrazia».
Ruffino Selmi, dirigente provinciale oggi in Aval, che negli anni Novanta fu presidente del circolo, ricorda i suoi primi contatti quando arrivò a Gallarate dall’Emilia, cinquant’anni fa: «Ho imparato a conoscere la dirigenza degli anni Settanta e quel che facevano le Acli. Nei volti e nell’operare ho visto cosa significava Acli: allora tutto era volontariato, anche in una realtà già complessa».
«A Gallarate, alle origini, c’erano il circolo e la sede del Mandamento», prosegue Selmi. «Il gruppo dirigente aveva il suo zoccolo duro: persone – per citarne alcune – come Luigi Rimoldi, Rita Bardelli, Pietro Tenconi, Ugo Morandi, Giovanna Vanoni, poi più tardi Dario Terreni. Era la passione del pensare e del fare. Si cercava di contribuire alle esistenze concrete, a dare risposte. Così nacque la mensa operaia di corso Italia: all’inizio gli operai trovavano semplicemente posto per scaldare la calderina, poi diventò un servizio vero e proprio».

Costruire la città
«L’altro tema [negli anni del boom economico] era l’abitare, con la risposta delle cooperative dagli anni Settanta agli anni Ottanta-Novanta». L’esperienza fece spuntare palazzi nei rioni di Ronchi, Cedrate, Madonna in Campagna e – intervento più consistente – a Sciarè, dove “i palazzi Acli” sono stati il polo intorno a cui, partendo da poche corti presistenti, nacque il nuovo quartiere vero e proprio, negli anni Sessanta.

Accanto all’abitare, altri bisogni: la città non come luogo fisico, ma come comunità.
«C’era Enaip con la scuola di lingue per i lavoratori. Avevamo due case vacanze, una in montagna e una a Bergeggi, per consentire le vacanze alle famiglie. E ancora organizzammo gli alloggi per gli immigrati dal Sud in via Forze Armate, coordinati da Salvatore Ferrante, con un distaccamento dedicato alle donne in via Poma», ricorda ancora Selmi.
Accanto alle iniziativa, c’era però anche l’appartenenza religiosa e l’elaborazione sul rapporto tra fede e impegno nella società.
In particolare sollecitate e alimentate dal rapporto con l’Aloisianum, l’istituto dei gesuiti sulla collina dei Ronchi. Da lì nacque l’esperienza di lungo corso del Gruppo Fede e Impegno Politico, accompagnato dai padri gesuiti.
Dentro la città e in dialogo
Gabriella Luoni, che entrò giovanissima, porta ancora memoria viva degli anni in cui il movimento era fortissimo: «Sono entrata nel 1958, la sede era in corso Italia, poi via Cattaneo e via Mazzini, quando con la gioventù aclista eravamo una marea. Rita Bardelli ci fece conoscere la missione in Brasile. Abbiamo vissuto l’esperienza della Leva del Lavoro: sulla Volkswagen di don Piero Galli, per tenere incontri nei paesi della zona».
Le Acli gallaratesi hanno sempre vissuto una forte autonomia e un dialogo vivace con altre esperienze e culture: «Da sempre siamo in una sede fuori dalla parrocchia» nota ancora Selmi, nel corso dell’incontro nella casa di via Agnelli 33 che è divenuta sede negli anni Novanta. «Forse anche per questo ci è stato più facile il dialogo con le realtà associative del territorio».

Negli anni Ottanta le Acli, insieme ad altre associazioni e singoli, avviò un grande dibattito pubblico sul futuro degli anziani e dei non autosufficienti: un dibattito da cui nacquero poi due nuove realtà cittadine, una del privato sociale (il Melo) e una comunale (il Camelot).
L’impegno per i diritti, per tutti
Molti semi gettati nella storia del circolo hanno trovato continuità fino a oggi, ad esempio sui temi dei diritti.
«Ci siamo mobilitati per la sanità pubblica, contro il decadimento dell’ospedale cittadino e per la trasparenza del futuro ospedale unico», racconta ancora la presidente Biagiotti. «Abbiamo aperto lo sportello Sos Liste d’attesa, curato da Adriana Savio: tante persone oggi rinunciano a curarsi».
«Offriamo supporto alle fragilità, con il patronato e lo sportello dei diritti, anche con un ufficio distaccato a Cedrate, per garantire l’esigibilità dei diritti. Abbiamo aperto lo sportello Obbiettivo Lavoro, e da quasi vent’anni portiamo avanti la scuola d’italiano per giovani e adulti, c’è un doposcuola rivolto in particolare ai ragazzi di origine straniera».

Originario dell’Abruzzo, Ugo Minieri, che con Alberto Colombo anima lo sportello Obbiettivo Lavoro, racconta l’attenzione alle persone: «Allo sportello accogliamo al 90% stranieri che cercano di ricollocarsi. Si parte dal curriculum, lavoriamo poi in contatto con il Centro impiego di Gallarate e Busto. Io sono stato da bambino emigrante in Svizzera: so cosa passano le persone e conosco il loro bisogno di ascolto».
Negli anni della grande crisi c’è stata una forte collaborazione con Caritas, attraverso il Fondo Famiglia-Lavoro dal 2008.
In questi ultimi mesi è stato avviato anche il corso per badanti: «con la partecipazione di venti persone, tutte donne, tre italiane», racconta Anna Balzarini. «La maggior parte già lavorano. E allora il corso diventa anche un momento conviviale e di incontro anche alla domenica», sottolinea.
Il circolo rivendica anche il progetto di affiancamento dei bambini e dei ragazzi nel campo sinti, una presenza in un contesto complesso e accompagnato da feroci polemiche politiche (il campo è poi stato smantellato e l’esperienza interrotta).
«Difendiamo la democrazia anche a livello locale, perché crediamo in una società inclusiva. Partecipiamo sempre al 25 aprile, siamo presenti nel dibattito per le elezioni, prendiamo posizione sui temi, negli ultimi tempi anche per contrastare il Remigration Summit».
Attorno al circolo sono nate anche esperienze nuove: «Partecipiamo alle rassegne cinematografiche Un posto nel mondo e Di terra e di cielo, dedicate all’immigrazione e ai cambiamenti climatici», aggiunge la presidente Biagiotti. «E stiamo lavorando all’idea di uno sportello di digitalizzazione: un progetto già avviato con il servizio civile che vedrà presto l’ingresso di nuovi volontari».
C’è poi la dimensione più sociale e comunitaria. Annamaria Basile, responsabile del CTA Acli, spiega: «Il nostro è un turismo sociale, che vuole ascoltare le persone, che hanno bisogno di un affiancamento. I ringraziamenti ripagano e gratificano».
Costruire nuovi spazi di aggregazione per le persone
Lo spirito del circolo resta quello di una comunità viva e presente nel tessuto cittadino. «Pur non avendo la mescita, abbiamo il vantaggio di essere un circolo veramente attivo», osserva Filippo Pinzone, uno dei dirigenti (anche a livello provinciale) della generazione entrata negli anni Novanta. Selmi aggiunge:
La vicinanza con l’istituto Aloisianum è stata una grande fortuna, sul versante religioso ma anche su quello sociale. Ricordo anche il saluto del cardinal Martini, quando nei suoi ultimi anni venne all’inaugurazione della mostra “I giusti dell’Islam”, dedicata ai musulmani che salvarono ebrei. È stato un dono sul piano religioso.
Guardando avanti, la sfida è grande. Carlo Naggi osserva: «Il problema maggiore, e lo vediamo dai servizi, è lo scivolare delle persone dal rancore all’indifferenza. Dobbiamo costruire nuovi spazi di aggregazione e di confronto: serve un lavoro di pedagogia sociale da portare avanti con gli altri».
E Biagiotti rilancia: «Vorremmo utilizzare lo spazio della Sala Rimoldi per aggregare persone che vogliono impegnarsi su singoli temi ed esigenze. Aprirla a chi vuole costruire comunità». Selmi conclude con un’immagine, quasi provocatoria: «Le sale d’attesa dei nostri servizi sono pienissime, ma abbiamo bisogno di riempire la sala degli incontri».
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