Nuovo canile di Varese ai Duni, commisione tra necessità e dubbi: “Un corridoio ecologico a rischio”
Si è svolta nella serata di mercoledì 10 settembre la seduta congiunta delle Commissioni Consiliari numero 4 (Urbanistica) e numero 9 (Ambiente) che ha affrontato il progetto del nuovo canile comunale di via Duno

Si è svolta nella serata di mercoledì 10 settembre la seduta congiunta delle Commissioni Consiliari numero 4 (Urbanistica) e numero 9 (Ambiente) che ha affrontato il progetto del nuovo canile comunale di via Duno.
Durante la seduta, presieduta da Domenico Marasciulo e da Dino De Simone, rispettivamente presidente della commissione Urbanistica e della commissione Ambiente, sono stati esaminati nel dettaglio i piani per il centro polifunzionale destinato a sorgere nell’area comunale di via Duno. La struttura, secondo quanto illustrato ai commissari, dovrebbe comprendere un canile sanitario e rifugio, un gattile sanitario e rifugio con oasi felina, oltre a un centro di ricovero per animali selvatici con relativi servizi annessi: quest’ultimo una struttura inedita in zona, considerato che al momento il più vicino è a Magenta.
Hanno preso parte alla discussione i membri delle due commissioni, i rappresentanti della Consulta per la Qualità Urbana, e gli assessori all’ambiente Nicoletta San Martino e l’assessore all’Urbanistica Andrea Civati, oltre a diversi cittadini tra il pubblico: il progetto è stato illustrato nei particolari dal dirigente dell’Area IX Gianluca Gardelli.
L’assessora Nicoletta San Martino ha ricordato in principio di seduta come: «È 3 anni che lavoriamo a questo progetto ormai, che non è solo un canile rifugio ma molto di più, e si è nel tempo ulteriormente modellato secondo la disponibilità fondi che si è creata»
L’assessora San Martino ha sottolineato come l’iniziativa goda del pieno sostegno di Regione Lombardia, che «Non solo ha firmato l’accordo con Provincia e Comune a febbraio scorso, ma ha stanziato 100mila euro per la realizzazione». A questi si aggiungono i 150mila euro della Provincia e i 300mila del Comune, per un investimento complessivo di 550mila euro.
IL PROGETTO UNITARIO SPIEGATO IN COMMISSIONE
Durante la seduta, Gianluca Gardelli ha illustrato nei dettagli gli aspetti urbanistici e ambientali dell’intervento, le cui dimensioni sono considerevoli. «L’area considerata è di circa 31.000 metri quadri, ma la proprietà comunale su cui insiste è molto più grande: sono più di 5 ettari, quasi doppia, perché comprende anche tutta la parte destinata ad attività agricole e boschive – ha precisato Gardelli – È forse una delle proprietà comunali più grandi che abbiamo, sulla quale tempo fa era stato realizzato un unico intervento: un campo di calcio. Tra l’altro, per realizzarlo c’è stato un riporto di terreno di 3 metri per compensare il dislivello naturale».

Un aspetto cruciale emerso dalla relazione riguarda i vincoli ambientali. «La Provincia, in sede di approvazione del piano di governo del territorio, ci ha imposto delle condizioni: qualsiasi intervento urbanistico su quest’area deve essere sottoposto a procedura di valutazione ambientale strategica – ha spiegato il funzionario – Questo perché l’area è attraversata da un corridoio ecologico della rete provinciale. Significa che la fauna selvatica passa attraverso questo ambito per collegare due sistemi: quello dell’Olona a nord e quello del torrente Selvagna che prosegue verso Morazzone. È un sistema verde naturale importantissimo».
Infatti: «Facendo sopralluoghi, anche con le guardie provinciali, ci siamo accorti che il passaggio di animali selvatici c’è davvero. Si notavano chiaramente i segni lungo la strada. A quel punto abbiamo detto: non tocchiamo niente di questo sistema naturale, sarebbe un crimine».
La soluzione individuata è stata quella di concentrare tutto nell’area già trasformata: «L’unico posto che può ospitare questa struttura è l’area già oggetto di trasformazione, quella del campo di calcio. È un’area completamente recintata, all’interno della quale gli animali non passano proprio perché non possono già ora entrarci».
Per quanto riguarda gli aspetti costruttivi, Gardelli ha precisato: «Sono costruzioni a un piano solo, altezza massima 4,50 metri compreso il tetto. Tutto ciò che vedete in verde nella mappa rimane verde, tutto ciò che ha altri colori dovrà essere pavimentato, perché parliamo di strutture sanitarie».

Nel realizzare il progetto unitario: «Abbiamo determinato dei parametri urbanistici intoccabili: se il consiglio li approva, poi non si potrà costruire all’infuori di quelli. Le superfici, le distanze, il numero di edifici sono tutti definiti con precisione» ha concluso il funzionario, sottolineando come la rappresentazione mostrata fosse «un’ipotesi a scala urbanistica, non il progetto definitivo, ma sufficiente per comprendere come è stato studiato il tutto».
IL DIBATTITO IN COMMISSIONE
Dopo l’illustrazione del progetto, in commissione è cominciato il dibattito: una lunga serie di domande dominate soprattutto dal timore per l’impatto sul delicato corridoio ecologico su cui l’area insiste.
Tra le domande, Barbara Bison ha chiesto se insieme all’area dei Duni ne erano state prese in considerazione altre, e a rispondere è stato Dino De Simone: «La primissima valutazione fatta riguardava l’area dell’attuale canile comunale, ma la risposta è stata subito un netto “no” : problemi di allagamento, insalubrità e la vicinanza al depuratore in fase di ampliamento rendono impossibile qualsiasi intervento di recupero. La necessità di trovare una nuova struttura è stata quindi pacifica»
Nell’analisi: «Le aree industriali dismesse sono state escluse per l’assenza di spazi adeguati e la mancanza di connessioni con aree verdi necessarie per le passeggiate dei cani, le aree agricole sono state eliminate sia per la scarsa disponibilità di terreni delle dimensioni necessarie, sia per la scelta di non convertire terreni produttivi. Così, i “Duni” sono emersi come l’area maggiormente rispondente” alle esigenze, anche perché già destinata nel piano urbanistico a servizi sportivi. Era previsto infatti un campo da rugby con spalti».

Non tutti però sono convinti della scelta. Il nodo centrale del dibattito riguarda l’impatto su quello che viene definito un corridoio ecologico fondamentale per la fauna selvatica locale: «L’antropizzazione di quest’area rischia di creare un deterrente per la fauna che si muove liberamente» hanno sottolineato diversi consiglieri, da Roberto Puricelli a Franco Formato, a Eugenio De Amici. Anche Luca Paris ha sottolineato la delicatezza della situazione. La consigliera Barbara Bison, dopo essersi consultata con le associazioni di cacciatori che conoscono i passaggi degli animali selvatici, ha espresso forti dubbi: «La zona non è così idonea a causa della presenza del corridoio ecologico e dell’adiacente insediamento urbano».
Le preoccupazioni riguardano anche il disturbo acustico. I cani, soprattutto quelli di grossa taglia o provenienti da situazioni difficili, potrebbero creare un disturbo significativo: è stato perciò caldeggiato un utilizzo di materiali che mitighino almeno l’inquinamento acustico.
La commissione si è conclusa senza votazioni, ma con l’impegno a programmare un’altra seduta che preveda le audizioni con WWF Insubria e con gli attuali gestori del Canile di Varese.
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