“Gestivo milioni nei conti aziendali, ma ignoravo il mio conto personale”: il peso degli stereotipi nel rapporto col denaro
Dal palco di Materia, Annalisa Monfreda e Gianfranco Fabi hanno discusso di educazione finanziaria, disparità di genere e indipendenza economica, in un incontro che ha acceso il confronto con il pubblico

La serata di martedì 30 settembre a Materia Spazio Libero è stata una di quelle capaci di aprire finestre su questioni che attraversano la vita quotidiana, il lavoro, le relazioni. Il titolo scelto – “I soldi e le donne” – è stato un invito a ragionare su come l’educazione finanziaria possa diventare leva di emancipazione, indipendenza e libertà. A discuterne, davanti a una sala attenta e partecipe, sono stati Annalisa Monfreda, giornalista, già direttrice di Donna Moderna e cofondatrice di Rame, piattaforma che lavora per democratizzare il benessere finanziario, e Gianfranco Fabi, firma storica del Sole 24 Ore e autore del manuale L’economia è donna. Istruzioni per la parità e l’indipendenza finanziaria.
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Dall’esperienza personale alle radici culturali
Ad aprire il dialogo è stata Monfreda, che ha messo subito in chiaro come «avere un’educazione finanziaria è per tutti, non serve una laurea in economia: un bilancio si fa con le somme, non con gli integrali». Il punto, ha spiegato, è la barriera culturale che storicamente ha escluso le donne dal rapporto diretto con il denaro. Un allontanamento antico, che affonda le radici nel momento in cui la società è diventata monetaria e ha confinato le donne in lavori non retribuiti. «Quella che appare come mancanza di interesse è in realtà il frutto di una storia di esclusione», ha detto.
Proprio dall’esperienza di direttrice di Donna Moderna, Monfreda ha tratto la convinzione che il tema interessi eccome: «Alle donne importa moltissimo di soldi, ma nessuno aveva trovato il linguaggio giusto per parlarne». Da lì è nato Rame, prima podcast registrato “nell’armadio di casa”, poi community, newsletter, eventi e progetti nelle scuole, fino a diventare un ecosistema che rompe il tabù del denaro raccontandolo in modo diverso: non come arricchimento, ma come sicurezza, stabilità, impatto.
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Economia come strumento
Dal canto suo, Fabi ha riportato la sua lunga esperienza al Sole 24 Ore, insistendo su un concetto chiave: «I soldi non sono un fine, ma uno strumento. La finanza non è sterco del diavolo: serve all’economia reale, a far crescere imprese e società». Per il giornalista varesino, il nodo è anche divulgativo: «Se noi non ci occupiamo di economia, l’economia si occupa di noi».
Il suo manuale, distribuito gratuitamente online e scaricabile qui, nasce proprio dalla volontà di “spezzare il pane dell’economia” e renderla accessibile. Un obiettivo che, secondo Fabi, significa anche valorizzare le differenze di genere: «La parità non è un punto di arrivo, ma la possibilità di far emergere le caratteristiche proprie di uomini e donne».
Libertà e violenza economica
Uno dei passaggi più intensi è arrivato quando Monfreda ha raccontato la sua esperienza personale: «Gestivo milioni di euro nei conti aziendali, ma ignoravo il mio conto personale. Quando ho desiderato lasciare il lavoro, mi sono accorta di non avere la libertà economica per farlo. O, più semplicemente, non sapevo se potevo permettermelo».
Un dato, apparentemente banale, ma che ha portato anche alla riflessione sulla violenza economica perpetrata nei casi di violenza domestica: «Spesso dietro la violenza fisica c’è sempre anche una dipendenza economica, che impedisce alle donne di andarsene».
La discussione si è spinta fino a proporre soluzioni concrete: tre conti (due personali e uno condiviso nella coppia) per garantire autonomia, o la provocatoria idea di “monetizzare il lavoro domestico”. Una proposta che ha suscitato divergenze: per Monfreda è un modo di ridare valore a ciò che tradizionalmente non è stato retribuito; per Fabi, invece, «se monetizziamo tutto, perdiamo l’umanità delle relazioni».
Il pubblico entra nel dibattito
La serata non è rimasta confinata al dialogo tra gli ospiti. Diverse voci dal pubblico hanno preso parola, raccontando esperienze personali e difficoltà concrete. Una donna ha ricordato la propria separazione e la consapevolezza tardiva di non sapere nemmeno quanti soldi ci fossero sul conto comune. Un altro partecipante ha sottolineato la differenza tra economia e finanza, chiedendo di chiarire i termini.
Le testimonianze hanno aperto ulteriori spunti: dal divario salariale, che cresce al crescere delle qualifiche, fino al nodo del part-time, che penalizza le carriere femminili e si traduce in pensioni più basse. Qui Monfreda ha ribadito: «Alle giovani direi di pensarci bene: rinunciare al lavoro per la cura familiare significa compromettere l’indipendenza futura. La parità passa anche dai padri che fanno davvero i padri».
Tra filosofia e pratiche quotidiane
Qualcuno dal pubblico ha osservato che l’incontro si era spostato su riflessioni più filosofiche che pratiche. Fabi ha risposto con un sorriso: «Non tutto può essere ridotto a istruzioni tecniche. L’economia è anche relazioni, gratuità, dono». Monfreda ha rilanciato: «È vero, ma dobbiamo distinguere tra ciò che è relazione e ciò che è lavoro. Se non lo facciamo, le donne continueranno a fare gratis attività che altrove verrebbero riconosciute come professione».
Il confronto ha mostrato così due approcci diversi ma complementari: da una parte il richiamo a non ridurre tutto al denaro, dall’altra l’urgenza di riconoscere quanto il denaro influenzi libertà e possibilità concrete.
PER SAPERNE DI PIÙ SUI DUE AUTORI
Il portale Rame, di Annalisa Monfreda, con i suoi podcast e la membership
Il manuale di Gianfranco Fabi, L’economia è donna. Istruzioni per la parità e l’indipendenza finanziaria in PDF, scaricabile qui
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