“Le parole sono l’unica casa che non possono distruggere”, da Gaza a Glocal DOC
Il regista turco di “Free Words: A Poet from Gaza”, Abdullah Harun Ilhan, intervistato sul palco dal Giovanni Esposito di Air3 durante la serata di premiazione del festival del documentario
È stato uno dei momenti più intensi della serata finale di Glocal DOC, al Cinema Nuovo di Varese, quando il regista turco Abdullah Harun Ilhan è salito sul palco per ricevere il Premio Agostini 2025 con il suo documentario “Free Words: A Poet from Gaza”, poi mostrato al pubblico. Davanti a una sala gremita e profondamente emozionata, Ilhan ha raccontato il senso del suo lavoro in un dialogo con Giovanni Esposito di Air3, che ha guidato l’intervista conclusiva della serata.
l documentario “Free Words: A Poet from Gaza” di Abdullah Harun Ilhan racconta la storia del poeta palestinese Mosab Abu Toha, vincitore del Premio Pulitzer 2025 per il Commento per i suoi scritti pubblicati sul New Yorker.
Il film segue il suo percorso di scrittore e intellettuale nato e cresciuto sotto assedio, trasformando la parola poetica in un atto di resistenza civile e umana. Attraverso la sua voce e quella di altri artisti e testimoni, Free Words mette in luce il potere della parola come rifugio, memoria e possibilità di rinascita, in un contesto di guerra, distruzione e diaspora.
Durante la cerimonia di premiazione di Glocal DOC al Cinema Nuovo di Varese, l’opera ha ricevuto il Premio Agostini 2025 con la seguente motivazione ufficiale: «Per la potenza con cui racconta la parola come atto di libertà in un contesto di dolore e resistenza.Un film essenziale e intenso, capace di trasformare la poesia in testimonianza e il silenzio in voce, dando forma al coraggio di chi continua a credere nella forza dell’arte anche in mezzo alla guerra.» In pochi minuti di durata, Free Words riesce così a restituire la forza universale della poesia come forma di sopravvivenza e libertà, facendo del linguaggio un ponte tra popoli e generazioni.

Il titolo del tuo film è “Free Words”, parole libere. Cosa significano per te queste parole?
«Il nostro film — o meglio, le nostre “parole libere” — riguarda il potere delle parole. Volevo mostrare quanto siano importanti, quanto cruciali siano le parole anche nelle peggiori situazioni del mondo. La mia motivazione principale è nata da una constatazione dolorosa: nulla sta cambiando la situazione a Gaza, assolutamente nulla. E allora ho pensato che l’unico vero cambiamento possibile sia nella mente delle persone. Per questo ho deciso di concentrarmi sul mondo interiore, sull’immaginazione. Il concetto di “ricostruire la nostra casa” — una casa intesa non solo come luogo fisico, ma come spazio dell’anima — è possibile solo attraverso le parole. Perché le parole sono l’unico vero strumento per poter ricostruire una casa, quando tutto è stato distrutto. Ciò che è nella mente è l’unica cosa che gli oppressori non possono violare, non possono entrare lì dentro».
Nel film dedichi la tua opera a due persone. Ci racconti chi erano e perché hai sentito il bisogno di farlo?
«Sì. Volevamo dedicare questo progetto a un poeta che avevamo contattato per il documentario. Gli avevamo scritto, gli avevamo chiesto di partecipare, e lui aveva accettato. Poche settimane dopo, è stato preso di mira e ucciso con tutta la sua famiglia.
Per questo motivo abbiamo deciso di realizzare il film con un suo caro amico, anche lui poeta. È stato un modo per continuare la sua voce, per non lasciarla cadere nel silenzio. L’altra parte della dedica è per un operatore di Gaza, uno dei due cameraman che hanno girato le immagini sul territorio. Anche lui è stato ucciso, poco dopo la fine delle riprese. Sono perdite che non si dimenticano, ma anche motivazioni per continuare».
Cosa significa per te, oggi, presentare questo film in un festival come Glocal DOC?
«Significa moltissimo. Free Words nasce come un film piccolo, ma con una storia grande dentro. Essere qui, in un luogo dove il cinema incontra la realtà, dove le persone ascoltano davvero, per me è un privilegio. E poi è un modo per ricordare che, anche quando tutto sembra distrutto, l’immaginazione resta una forma di resistenza. Questo film è dedicato a chi continua a credere nelle parole, anche quando il mondo intorno cade a pezzi».
Negli ultimi giorni sei stato anche in altri festival. Da dove vieni prima di arrivare a Varese?
«Quattro giorni fa ero a New York, per un altro festival cinematografico. Lì ho avuto la possibilità di incontrare Mosab Abu Toha, il protagonista del documentario, poeta e nostro amico. Abbiamo partecipato insieme a una cerimonia di premiazione.
Mosab ha salutato il pubblico, ha ringraziato il festival, e ha parlato con grande forza e umiltà del potere della poesia.
È stato un momento toccante. Per me, vedere Mosab — che ha vissuto tutto ciò che nel film è raccontato — parlare ancora di parole libere, di immaginazione, è la prova che la poesia è più forte della guerra».
Il film è stato accolto con molta emozione. Cosa speri resti nel pubblico dopo la visione?
«Spero che resti una sensazione di umanità condivisa.
Non è un film su Gaza, non solo. È un film su tutti noi, su ciò che resta quando tutto crolla.
Vorrei che chi lo guarda capisse che le parole, l’arte, la memoria possono diventare una casa comune, dove rifugiarsi e ricominciare. Perché, davvero, le parole sono l’unica casa che non possono distruggere».
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
axelzzz85 su Regione Lombardia: la mozione di sfiducia contro Picchi passa grazie ai franchi tiratori nel centrodestra
Fabio Castiglioni su La plastica non è più un rifiuto: all’Università dell’Insubria un processo la trasforma in amminoacidi
GrandeFratello su Viabilità di Biumo, il consigliere Luca Boldetti chiede un confronto in Commissione
elenera su Fotografa l'aereo e litiga con il personale a Malpensa: passeggero lasciato a terra
Felice su Fotografa l'aereo e litiga con il personale a Malpensa: passeggero lasciato a terra
barbara zanchin su Fotografa l'aereo e litiga con il personale a Malpensa: passeggero lasciato a terra










Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.