Sostenibilità aziendale, a Glocal si discute di come farla e come raccontarla

A Glocal un panel dedicato alla narrazione della sostenibilità da parte delle aziende e a come i giornalisti possono utilizzare i dati: Raccontare la sostenibilità delle imprese: dai numeri alle case history aziendali

Glocal 2025 sostenibilità aziende

La sostenibilità che si fa e quella che si racconta. La sostenibilità di facciata e quella autentica, che invade uffici e stanze del potere all’interno delle aziende e ne cambia la mentalità.

Di tutto questo e molto di più si è discusso al Festival del giornalismo Glocal, con il panel “Raccontare la sostenibilità delle imprese: dai numeri alle case history aziendali” tenutasi giovedì 6 novembre in sala Varese Vive.

Moderata dalla giornalista di VareseNews, Stefania Radman, la discussione ha coinvolto esperti diversi da loro, capaci di raccontare quanto questo tema si sia evoluto nel tempo e come attualmente si giostri nella narrazione del mondo imprenditoriale.

A delineare i confini dell’argomento principale ci ha pensato Patrizia Tettamanzi, professoressa di Economia aziendale e sostenibilità all’Università Liuc Carlo Cattaneo di Castellanza. La docente, che si occupa di financial reporting, ha illustrato come la legislazione sia evoluta nel tempo, ma si trovi attualmente in una sorta di “stop normativo” a causa del decreto Omnibus del 2025, che – concentrandosi solo sulle società più grandi – ha esentato alcune realtà aziendali dal dover presentare il bilancio di sostenibilità.

Ciò nonostante la rilevanza del tema resta inossidabile e, come affermato da Tettamanzi: «Il fatto di avere degli obblighi che sono magari un pochino più alleggeriti rispetto a prima non significa che dobbiamo abbandonare l’intento di comunicare la sostenibilità».

E qual è la definizione più corretta di sostenibilità? «Uno sviluppo che ha le caratteristiche di rispondere alle esigenze del presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni» ha risposto Tettamanzi, illustrando le tre gambe dell’ESG, l’acronimo che significa proprio Environmental, Social and Governance.

«Quando si parla di sostenibilità ci sono  tre aspetti basilari: quello ambientale, quello sociale e la parte della governance, che è veramente molto importante perché la governance determina le strategie. I comitati di sostenibilità discutono di regole che poi arrivano anche nei CdA, influenzando le scelte future».

Una sensibilità e un’attenzione che si trasformano nella bussola che guida l’impresa, dunque, capace di allinearla ad alti coefficienti di standard su queste tematiche.

E sulla necessità di non fermarsi alle parole, ma di far entrare il cambiamento nel modus operandi aziendale si è soffermato Stefano Cetti, amministratore delegato del gruppo ACinque.

«Un esempio della reale volontà di un’azienda di occuparsi di ambiente è quando l’osservanza delle regole entra fra gli obiettivi del gruppo manageriale, per cui i dirigenti vengono valutati e premiati, se rispondenti agli obiettivi di sostenibilità aziendale – ha puntualizzato Cetti, raccontando poi come la sua azienda si stia muovendo.

«Il gruppo ACinque nasce come un’aggregazione di realtà locali storiche con radici molto profonde. Siamo una società quotata in borsa, che opera sui territori di Como, Lecco, Monza, Sondrio e Varese e in ogni geografia lo sviluppo sostenibile per noi è un tema culturale, ma anche un tema di convenienza. Ciò a cui aspiriamo è avere una spiccata propensione a voler rappresentare per i nostri territori un continuo stimolo all’innovazione e alla crescita sostenibile».

Questa attenzione si trasla nella compilazione del bilancio di sostenibilità – certo – ma soprattutto con una attenzione che invade gli uffici e investe ciascun stakeholders, partendo proprio dai dipendenti, i primi a far loro questa sensibilità. «Quando i colleghi ci chiamano e ci domandano se un nuovo progetto da loro implementato potrebbe entrare nel nostro bilancio di sostenibilità – ha charito Valentina Minetti, Responsabile sostenibilità del Gruppo Acinque – significa che questo approccio ha raggiunto l’intera azienda».

Minetti ha poi dettagliato come l’azienda si è organizzata e di come il tema della sostenibilità entri nella “stanza dei bottoni” : «All’interno di Gruppo ACinque è stata definita una governance di sostenibilità, dove al vertice c’è il Consiglio di Amministrazione che ha la responsabilità ultima di approvare la rendicontazione e di approvare anche un altro aspetto della rendicontazione, che è la doppia materialità, che è l’unico altro aspetto sottoposto a approvazione ancora prima del bilancio. Sulla doppia materialità ci sono informazioni da fornire per ogni tema “materiale”:  policy (le politiche adottate), action (le azioni concrete implementate), il target (obiettivi fissati nel breve, medio e lungo termine), metrics (indicatori utilizzati per misurare i progressi)».

«Abbiamo poi un comitato strategico che oltre a definire le linee strategiche di sviluppo ha la delega sulla sostenibilità, quindi di supporto al CdA» ha proseguito Minetti.

Tutto ciò racconta questo tema dal punto di vista aziendale, ma come possono muoversi i giornalisti e con quali strumenti?

A questo ha risposto Simona Politini, dell’Osservatorio bilanci Sostenibilità, istituito proprio un anno e mezzo fa anche con questa finalità.

Grazie alle rendicontazioni prodotte dalle aziende, infatti, la stampa può utilizzare dati e analisi per raccontare cosa avviene all’interno delle società, come scelte etiche o come decisioni che – se non l’hanno ancora fatto – muteranno il loro impatto sull’ambiente e sulla società.

Il bilancio di sostenibilità al servizio del racconto giornalistico, ma con le domande giuste da porsi e da porre, analizzando le informazioni diffuse.

«Ci sono tre usi che si possono fare dei bilanci: verificare le affermazioni delle imprese, ispirare le altre aziende ed educare alla trasparenza per diffondere la cultura della sostenibilità – ha spiegato Politini – con la possibilità di focalizzarsi su alcuni temi come la Divertity inclusion, la presenza di donne in posizioni apicali e l’impatto dell’azienda nella comunità».

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Ad esempio – ha proseguito Politini – analizzando la lettera agli stakeholders del Ceo, «un giornalista può riflettere su alcuni aspetti:

  • Chi firma la lettera? Il vertice aziendale o un portavoce di comunicazione?
  • Il linguaggio è generico o si citano risultati concreti (numeri, obiettivi, progetti)?
  • Si riconoscono anche criticità e aree di miglioramento, o solo toni celebrativi?».

Un altro aspetto è da valutare con attenzione: «Il 58% delle imprese a livello globale sta diminuendo le comunicazioni sulle proprie azioni per il clima – ha spiegato la direttrice dell’Osservatorio bilanci Sostenibilità – Le aziende più green stanno adottando un approccio greenhushingbe questa tendenza è preoccupante, poiché l’azione dei leader ispira l’azione dei follower. Promuovendo i propri Bilanci di Sostenibilità si incentivano trasparenza e confronto pubblico»

Attenzione alta, dunque, e consapevolezza di come una narrazione dettagliata possa aiutare le aziende a raccontarsi e l’intera società a comprendere come parlare di ambiente, inclusione e sociale sia un valore aggiunto per tutti.

Santina Buscemi
santina.buscemi@gmail.com

Amo raccontar dei paesini, dove la differenza la fanno le persone comuni che si impegnano in piccole associazioni. È di loro che scrivo..e mi emoziono sempre un po'. Anche questo è VareseNews.

Pubblicato il 06 Novembre 2025
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