Il 16 dicembre ci sarà la sentenza per l’omicidio di Cairate, l’uccisione di Andrea Bossi
A 22 mesi dall'assassinio va a conclusione il processo di primo grado. In aula le scuse di Carolo al padre di Bossi. Nella prossima udienza la requisitoria dell'accusa e la parola alla difesa
Sarà il 16 dicembre il giorno della sentenza nel processo di primo grado per l’omicidio di Andrea Bossi, il delitto di Cairate per cui sono sotto processo – dal marzo scorso – i due ventenni Douglas Carolo e Michele Caglioni.
Nella breve udienza di martedì 2 dicembre è intervenuto, per spontanee dichiarazioni, Douglas Carolo, il ragazzo samaratese accusato di omicidio premeditato, che ha ricostruito la cronologia di alcuni passaggi (la doppia uscita per acquistare cartine per le sigarette, inquadrata da telecamere di sicurezza), ha spiegato a suo modo la scelta di chiudere il cane di Bossi sul balcone («Temevamo che se la prendesse con Michele») e poi ha concluso la sua dichiarazione con un breve messaggio di scuse: «Chiedo scusa al padre di Andrea, mi dispiace per il dolore provocato ai suoi familiari» ha detto al papà di Bossi, presente in aula.
Il processo è stato poi aggiornato con la programmazione delle prossime due udienze: il 9 dicembre prevista la requisitoria del Pm e le conclusioni della difesa dei due imputati per omicidio premeditato. Mentre il 16 dicembre ci saranno le eventuali repliche e la lettura del dispositivo di sentenza.
Secondo l’accusa l’omicidio è maturato nel quadro di un rapporto esistente tra Carolo e Bossi, in cui il primo otteneva vantaggi economici dalla frequentazione del giovane. L’omicidio secondo l’accusa era premeditato e compiuto dai due insieme; ognuno dei due imputati nel corso del processo ha più volte cercato di rinviare all’altro la responsabilità dell’uccisione di Bossi. Secondo l’accusa invece una serie di messaggi precedenti tra i due dimostrano l’accordo e la premeditazione. Tra messaggi e immagini acquisite dalle telecamere, si vedrà se gli elementi raccolti dall’accusa saranno ritenuti pienamente credibili dalla corte d’assise: i due imputati rischiano l’ergastolo.
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