Industriali Alto Milanese e passaggio generazionale: “Il cambiamento non è ribellione”
La tradizionale assemblea del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Alto Milanese ha avuto al centro il tema del cambio generazionale con interventi accademici e di imprenditori
«Bisogna avere il coraggio di cambiare». Stefano Peroni, presidente dei Giovani di Confindustria Alto Milanese, figlio del capo, entrato nell’azienda di famiglia per guidarne il futuro, ha ben chiara in testa la sfida che deve compire per affrontare il passaggio generazionale. Anche se lui preferisce parlare di continuità generazionale, conosce bene le difficoltà, ma anche le opportunità di un processo che oggi interessa metà delle piccole-medie aziende italiane e che può risultare virtuoso quando ci si apre al cambiamento senza perdere i valori del passato. Un binomio fondamentale, quello che lega tradizione e innovazione, al centro del dibattito che ha caratterizzato l’assemblea di Condindustria Giovani Alto Milanese, tenutosi il 3 dicembre all’Auditorium Don Besana di Busto Garolfo.
Peroni ha affrontato senza filtri il peso delle aspettative che spesso grava sui giovani eredi: «Per noi figli convivere con le attese non è facile. Essere il figlio del capo ha vantaggi, ma anche svantaggi: un errore pesa di più, ha una risonanza maggiore. Sta a noi impegnarci, essere presenti, dimostrare che vogliamo costruire». Ma anche i genitori hanno responsabilità importanti in questo passaggio che Peroni definisce un vero e proprio “patto”: «Un passaggio generazionale non si fa da soli. Va condiviso, rispettato e pianificato: nulla può essere lasciato al caso.»
Il cuore del suo intervento è però dedicato alla necessità di non imitare i predecessori: «Dobbiamo avere il coraggio di essere diversi dai nostri genitori – ha detto – Non dobbiamo combattere sul loro stesso campo: il cambiamento non è ribellione, è riconoscere che il mondo sta cambiando e che dobbiamo cambiare con esso, restando fedeli ai valori fondanti della famiglia e dell’azienda.» Un equilibrio delicato tra continuità e innovazione, che Peroni ha definito «la vera chiave per il futuro».

Ad arricchire il confronto è seguita una tavola rotonda con imprenditori e studiosi. Il professor Sciascia, tra i massimi esperti italiani di family business, ha offerto una lettura chiara di come le imprese possano passare “dal caos alla PACE”, P.E.A.C.E in inglese, acronimo che sintetizza i pilastri di un passaggio generazionale ben gestito. La P è la Pianificazione, «non facile, ma indispensabile», perché il ricambio non può essere lasciato all’improvvisazione. La E richiama l’Equità, ovvero la necessità di fissare obiettivi chiari e condivisi tra tutte le parti coinvolte. La A rimanda all’Apertura, alla possibilità che il testimone vada nelle mani anche di qualcuno che non sia un proprio figlio o una propria figlia. È una possibilità, spesso un’opzione: se l’80% delle PMI italiane mantiene la leadership in famiglia, un 20% sceglie invece figure esterne. La C indica la Compresenza, cioè il periodo in cui padre e figlio lavorano fianco a fianco. «Accade solo nel 22% delle imprese – ha spiegato Sciascia– ma garantisce performance migliori perché favorisce trasferimento di conoscenze e consapevolezza». Infine c’è la E di Emozione, la dimensione affettiva, «la più importante, purché autentica e mai opportunistica». «Il passaggio generazionale non è un evento», ha concluso Sciascia, «ma un processo: complesso, articolato, ma essenziale per il futuro delle imprese».
Tra le testimonianze quella di Azzurra Mondadori che ha raccontato un’esperienza familiare vissuta all’insegna della serenità:«Il mio passaggio generazionale è avvenuto in modo positivo. Mio nonno mi ha trasmesso ottimismo e la fiducia che tutto si possa risolvere. Innovare è necessario, ma sempre mantenendo i valori aziendali come punto di riferimento.»
Con tono ironico, Massimiliano Marsiaj, Vicepresidente esecutivo Sabelt, ha alleggerito la discussione, raccontando la propria esperienza nella storica azienda specializzata in sedili e cinture di sicurezza: «Io sono uno dei rassegnati, ma le parole del presidente mi hanno illuminato. Nostro padre si firma fondatore, amministratore delegato e presidente, noi siamo i suoi collaboratori. È la nostra guida e lo sarà finchè farà bene. Concordo sul fatto che si debba portare continuità e innovazione in azienda per farla crescere». Presente anche Stefano Rossi, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia. Di seguito un approfondimento sulla ricerca su family business
Passaggi generazionali: a crollare non sono le imprese, ma i pregiudizi
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