Manfrinati in aula parla e chiede scusa al figlio: “Ero a fine corsa e non ce l’ho fatta”. Concessa la perizia psichiatrica
L’uomo imputato di omicidio del suocero Fabio Limido e tentato omicidio della moglie Lavinia Limido, accoltellata al volto. Dopo una discussione e la camera di consiglio il tribunale ha disposto l’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto e l’eventuale pericolosità sociale
Alle 10.08, allo scoccare della campanella che apre la seduta della Corte d’Assise, l’imputato si volta verso il pubblico e alza il braccio sinistro, pugno chiuso, in un gesto di vittoria rivolto ai genitori appena entrati in aula. Pochi minuti dopo, quello stesso uomo – Marco Manfrinati – leggerà con la voce rotta dalla commozione una lettera indirizzata al figlio.
Sono le dichiarazioni spontanee dell’imputato per l’omicidio del suocero Fabio Limido e il tentato omicidio della moglie Lavinia Limido, avvenuti a Varese il 6 maggio 2024. Manfrinati appare deciso fin dal suo ingresso in aula: stringe con forza la mano al difensore, l’avvocato Elio Giannangeli, quindi chiede la parola.
«Voglio chiedere scusa alla Corte se non ho potuto presenziare», esordisce. «Da luglio ho iniziato un percorso di psicoterapia e ho preferito non partecipare alle udienze. Non ho ancora terminato di elaborare quanto è accaduto». C’è però una certezza, spiega: l’amore per il figlio. «In questi mesi gli ho scritto una lettera non per giustificarmi, ma per raccontarmi. Spero un giorno di potergliela leggere di persona».
È proprio quella lettera il cuore del suo intervento. Manfrinati rievoca i ricordi condivisi: «La prima notte, ricordo che nevicava. Le gite all’Acquario di Genova, le cascate di Ferrera». Poi la frattura: «Mi è crollato il mondo addosso, si è aperta una crepa che non si è mai rimarginata. Da quel maledetto 2 luglio 2022 non ti ho più rivisto fino a metà settembre. Ho passato notti insonni cercando spiegazioni».
Il racconto prosegue tra momenti di apparente normalità – «giocavamo ancora alla lotta con i dinosauri» – e nuove tensioni. Dal novembre 2022 fino a Natale, dice, aveva pensato di poter recuperare un equilibrio, ma a dicembre arrivò una lettera della moglie che annunciava una “vacanza” con il figlio. Da lì, il precipitare della situazione, tra rabbia e frustrazione crescenti.
«Ti chiedo perdono perché ho sbagliato», ammette l’imputato. «Anche nei momenti più difficili un padre non deve reagire così. Ero arrivato a fine corsa e non ce l’ho fatta». Racconta di aver iniziato un corso per diventare istruttore cinofilo e chiude con un appello: «Ti chiedo solo di aspettarmi, sto arrivando».
L’ultima riga è affidata a una citazione biblica: «Una scrittura di duemila anni fa dice: “A chi ha molto amato, molto sarà perdonato”. Ti amo tanto. Il tuo papà». In aula, il silenzio accompagna le sue parole.
Dopo una discussione e la camera di consiglio il tribunale ha disposto una perizia per l’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto e l’eventuale pericolosità sociale. La nomina del perito e il conferimento dell’incarico avverrà da remoto.
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