Piano Casa, il Comune mette i suoi “paletti”
In commissione territorio si discute dell'applicazione locale della legge regionale 13/2009, che recepisce gli indirizzi del governo in materia di rilancio dell'edilizia
Il Piano Casa voluto dal governo Berlusconi npassa all’attenzione anche del consiglio comunale di Busto Arsizio, attraverso il "filtro" della legge regionale 13/2009 che tempestivamente lo recepiva nella sua natura di misura d’urgenza per il rilancio di un settore economico colpito dalla crisi e ritenuto fondamentale: quello dell’edilizia. Lunedì è passata al vaglio della commissione consiliare territorio e ambiente la relativa delibera comunale, che fissa qualche "paletto" ad una normativa criticata per i rischi di ulteriore cementificazione che comporterebbe. Il Comune si muove come spesso accade all’ultimo momento, visto che entro il 15 ottobre (data in cui si riunirà il consiglio comunale) l’ente locale deve definire le aree escluse dall’applicazione della normativa regionale, eventuali modifiche all’applicazione degli oneri, prescrizioni su posti auto e verde, individuazione delle aree produttive interessate. Le disposizioni comunali sono ispirate al senso delle norme regionali, finalizzate a "promuovere, mediante l’azione straordinaria di soggetti pubblici e privati , la massima valorizzazione e utilizzazione del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente sul territorio lombardo" e a "rispondere ai fabbisogni abitativi delle famiglie attraverso la sua tempestiva e urgente riqualificazione nel rispetto dei caratteri identitari, contribuendo al tempo stesso al rilancio dell’economia”.
Complessa e tecnica materia per gli specialisti del settore (ma si veda anche qui una valida analisi), difficile addentrarvisi anche per molti dei consiglieri, salvo gli immancabili architetti e geometri. Non è mancato comunque un approfondimento.
La legge regionale consente il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, gli ampliamenti e la sostituzione (ricostruzione totale) degli edifici esistenti, la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, il tutto anche in deroga alle previsioni quantitative dei piani urbanistici in vigore e dei regolamenti edilizi. Le norme della legge, che tra l’altro concedono un sostanzioso sconto, pari al 30%, sugli oneri di urbanizzazione, non si applicano però in vari ambiti: aree non edificabili, di valore storico e architettonico o edificio abusivi, anche quand’anche fossero stati condonati.
Tenuto conto di tutto, la delibera comunale esclude dall’applicazione della legge regionale 13/2009 le aree a verde, inedificabili, i centri storici di Busto, Borsano e Sacconago, aree della zona industriale sinaghina, quelle del cosiddetto centro direzionale, ivi incluse quelle interessate dal grande progetto di ricostruzione dell’area sull’ex asse delle ferrovie Nord; e in generale tutte quelle interessate da piani attuativi o programmi integrati di intervento (PII) adottati o approvati prima che entrasse in vigore la citata legge 13. Altrove, gli sconti sugli oneri di urbanizzazione restano, sempre al 30% (non accogliendo quindi le proposte di chi come Marta Tosi chiedeva una percentuale più ridotta) per il riuso, anche con ampliamenti, del patrimonio edilizio residenziale, per il rinnovo con adeguamenti ambientali e di risparmio energetico di quello produttivo, per le demolizioni e ricostruzioni nel residenziale purchè la volumetria non sia aumentata.
I commenti uditi in commissione spaziavano dal piano tecnico a quello politico. Per Alberto Grandi (PD), architetto, «una legge che secondo Berlusconi doveva semplificare, invece crea problemi alla futura programmazione dei Comuni. È una legge sbagliata: e meno male che siamo in Lombardia dove, centrodestra o no, si è fatto meno “casino” che altrove». Perplessità anche sui limiti per i piani attuativi già adottati o approvati (« così si premiano i furbi che hanno aspettato») e sullo sconto a chi non aumenta le volumetrie («ci sono brutture vecchie di decenni che resteranno tali anche ricostruite: è questione di proporzioni»). Nonchè sul principio: «In Europa si fissano le regole e le si fa rispettare in edilizia, solo in Italia si contratta e si "semplifica"». O si condona a raffica.
Il collega Alberto Riva, per il PdL, ribadiva piuttosto come «siamo in ritardo di vent’anni sui centri storici: ci soffro a vedere come sono ora Gallarate e Legnano e come è rimasta Busto». C’è quasi da chiedersi il perchè, e soprattuto chi abbia governato la città nell’ultimo ventennio.
Infine Luigi Rosa, anch’egli ben addentro alle questioni edilizie da ingegnere, ha posto una questione di principio sull’esclusione dall’applicazione della legge regionale con i suoi benefici di ogni tipologia di standard urbanistici devianti da quelli originariamente previsti per le costruzioni interessate. E ricordava che se già il PRG tuttora vigente presuppone una città ben più grande dell’attuale, fin sui 130.000 abitanti, «questa legge genera un ulteriore carico urbanistico sul territorio». E, aggiungiamo fin d’ora, ha tutte le caratteristiche della legislazione "d’emergenza" che tende a diventare permanente.
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