“Acqua e zucchero”, una storia italiana al Salone Estense di Varese
Il libro scritto da Dino Azzalin e pubblicato da Nem è una storia di migranti contadini partiti nel secondo dopoguerra dalla provincia di Padova per raggiungere la ricca Lombardia
La storia italiana del secondo dopoguerra è una storia di famiglie, di madri e padri, spesso poveri e migranti, che con grandi sacrifici hanno fatto fare il salto di qualità al loro paese. È una storia anche di figli che di quei sacrifici non sono stati semplici testimoni. È una storia di affetti profondi, spesso sottaciuti, e di promesse d’amore silenziose capaci di generare un orizzonte di speranza per una realtà migliore di quella che si lasciava. “Acqua e zucchero”, scritto da Dino Azzalin e pubblicato da Nem, ci parla di ciò che è avvenuto e continua ad avvenire ancora oggi a diverse latitudini.
(nella foto da sinistra: la responsabile degli archivi letterari del comune di Varese Serena Contini, il giornalista Claudio Del Frate, l’autore Dino Azzalin e il sindaco di Varese Davide Galiberti durante la presentazione al Salone Estense)
«Questo libro è una promessa che ho fatto a mia madre nel momento in cui abbiamo deciso di scriverlo – dice Dino Azzalin -. Volevamo raccontare le vicende che hanno legato la mia famiglia e una serie di circostanze che hanno caratterizzato la storia della nostra realtà contadina. Sono stato fedele a quello che lei mi ha dettato, integrando i ricordi con ricerche negli archivi e nelle anagrafi comunali dei luoghi di partenza per ricostruire l’albero genealogico della famiglia».

Storie di migranti che partiti dalla provincia di Padova hanno viaggiato per raggiungere l’ovest italiano, la mitica Lombardia, con la stessa aspettativa che hanno oggi i migranti che arrivano sulle nostre coste attraversando il Mediterraneo. Una storia che racconta tutte le difficoltà che si nascondono dietro le parole inclusione e accoglienza, ben sapendo che a volte è anche la fortuna di alcuni incontri a fare la differenza tra i sommersi e i salvati.
Per Dino Azzalin è senza dubbio una storia in cui l’ascensore sociale, che oggi sembra irrimediabilmente bloccato, ha funzionato molto bene. Le sue radici e quella migrazione, non poco dolorosa, da Pontelongo a Varese, lo hanno però sempre riportato come medico in direzione gli ultimi della terra, in particolare in Africa dove ha realizzato e continua a realizzare missioni di assistenza odontoiatrica con le associazioni A.p.a (Amici per l’Africa) e Cuamm medici per l’Africa.
In copertina c’è una foto di mamma Jole giovane mentre pedala in sella a una bicicletta con alle spalle la sorella. Una foto che risale alla fine degli anni Trenta. «Non sappiamo chi l’abbia scattata e non sappiamo dove fossero dirette – conclude Azzalin -. Anche questo è un omaggio a mia madre in nome di quella promessa d’amore».
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