Il pubblico ministero di Varese chiede l’assoluzione per il sindaco Gianpietro Ballardin: “Dieci anni di sofferenza”
L’accusa propone una pena di 3 anni invece per l’ex comandante della polizia locale Ettore Bezzolato implicato nell’affaire “Medio Verbano”. La sentenza il prossimo 7 ottobre

Era stato bersagliato dalla stampa nazionale, al centro di “marce“ da parte dei Cinquestelle che arrivarono fin sotto la sua casa, dove stava ai domiciliari, Gianpietro Ballardin, che 10 anni fa venne sottoposto a misure cautelari, accuse di peculato per le quali oggi, martedì 8 luglio 2025, il pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma ha chiesto l’assoluzione perché «il fatto non sussiste».
Molti degli episodi contestati sono prescritti, cioè i tempi della giustizia per verificare eventuali responsabilità risultano così dilatati che lo Stato non ha più interesse a perseguirli, «ma anche per quegli episodi mi aspetto che venga pronunciata una sentenza nel merito», ha spiegato Ballardin, attuale sindaco di Brenta, e per svariati mandati, con un’enorme amarezza che si porta appresso da anni. «Sì, i miei sono stati dieci anni di sofferenza».
I due imputati del procedimento penale “fiume“, durato per decine di udienze (alcune celebrate, altre slittate nel corso dei lustri), sono l’ex comandante dell’Ufficio comune di polizia locale del Medio Verbano, oggi disciolto, Ettore Bezzolato, e il presidente pro tempore dell’Ufficio comune, appunto Gianpietro Ballardin, accusati rispettivamente di falso ideologico in atto pubblico, peculato, concussione, e di falso ideologico in atto pubblico e favoreggiamento nel peculato.
Sullo sfondo, la gestione di alcuni servizi di assistenza per feste delle Pro Loco della Valcuvia e la rendicontazione economica dell’ente, passata al setaccio di indagini della Guardia di Finanza al termine delle quali scattarono le misure coercitive.
Per i fatti contestati a Bezzolato (che venne arrestato in due occasioni) il pubblico ministero ha chiesto una condanna di 3 anni per soli due capi d’imputazione legati all’accusa di peculato, limitatamente agli anni 2013 e 2014. Per alcuni capi d’imputazione è stata chiesta l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Il legale di Bezzolato, Fabio Margarini, ha chiesto l’assoluzione perché «il fatto non sussiste o non costituisce reato laddove le pratiche legate ai servizi della Pro Loco non siano da considerarsi corrette sul piano normativo».
Le repliche, e la sentenza, sono calendarizzate per il 7 ottobre prossimo. «Esattamente a dieci anni dai fatti», ha commentato sempre il sindaco Ballardin al termine dell’udienza, «anni che mi hanno lasciato davvero sgomento fondamentalmente per due motivi. C’è stato l’atteggiamento avuto dai colleghi sindaci, dai quali è mancata la solidarietà, che sarebbe stato un atto di coraggio, ma di questo non vi è stata lasciata traccia. E poi per l’atteggiamento del partito dove militavo, il Pd, da cui non ho mai ricevuto in questi anni sostegno: la segreteria provinciale non ha assolto il ruolo che compete a un partito politico moderno. Non c’è più una classe politica che sappia difendere i militanti».
Gianpietro Ballardin è difeso sin dall’inizio del procedimento dall’avvocato Marco Mainetti, che ha concluso la propria discussione «rappresentando motivi ulteriori rispetto a quelli esposti dal Pubblico Ministero, ad escludere la sussistenza dei due reati di cui il signor Ballardin è accusato (favoreggiamento e falso in atto pubblico).»
Il legale specifica inoltre che, « agli albori del procedimento, il signor Ballardin era stato tratto in arresto in esecuzione di una ordinanza cautelare emessa dal GIP di Varese, revocata solo pochi giorni dopo a seguito dell’interrogatorio di garanzia, nel quale – ad avviso di chi scrive – il sindaco di Brenta aveva ampiamente chiarito la propria posizione, nei termini che sono stati poi effettivamente confermati dall’istruttoria dibattimentale».
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