La vigilessa coraggiosa che ha denunciato i potenti
Il fratello del sindaco aveva commesso abusi edilizi, ma lei non si è fatta intimidire e ha portato le carta alla Procura. L'hanno umiliata e cacciata via, ma oggi la giustizia è dalla sua parte

Avete presente la scena in cui un sindaco, sornione, dice a un commissario, attonito, che se chiude un occhio può fare carriera? E quello gli risponde pacifico: “Guardi che la mia ambizione è solo quella di fare il culo ai criminali”.
Beh, sì, è una roba da fiction, ma osservando cos’è accaduto a Lonate Pozzolo, e ascoltando le parole di Maria Cristina Fossati, il capo dei vigili cacciata perché ha fatto il suo dovere, sembra quasi di vederla. Ovviamente il sindaco di Lonate Pozzolo Danilo Rivolta è ancora solo accusato di essere un corrotto, ma quanto ci ha detto la ex dirigente del comando dei vigili è comunque significativo.
“Ho solo fatto il mio dovere – spiega Fossati – e non sto qui a fare festa. Penso che non sia mai una bella cosa quando un sindaco viene arrestato. Si tratta di una sconfitta civile per tutta la comunità. Però noi abbiamo fatto il nostro dovere, e sottolineo noi, perché il nostro è stato un lavoro di squadra”.
Maria Cristina Fossati, 58 anni, è dovuta andare via da Lonate Pozzolo perché non ha accettato di mettere la mordicchia ai suoi vigili urbani, che sanzionavano gli abusi fatti dalla società del fratello del sindaco. I pm l’hanno definita una rappresentante dello stato con la schiena dritta. “E’ una cosa che mi ha fatto molto piacere, noi dovevamo fare quei controlli perché questo è il mestiere che ci siamo scelti e lo facciamo con passione. In acumi capannoni c’erano degli abusi davvero grossi. Noi siamo anche funzionari di polizia giudiziaria e ho fatto quello che dovevo fare, sono andata in procura”.
E poi c’è l’aspetto rassicurante della vicenda. Nonostante a Busto Arsizio ci sia il 50 per cento in meno di cancellieri, i magistrati e i collaboratori hanno lavorato sodo, i carabinieri e la guardia di finanza hanno fatto mestiere e adesso l’indagine sembra portare i suoi frutti, anche umani: “I magistrati ci hanno aiutato e consigliato, sono stati fondamentali, ci hanno fatto sentire che lo stato esiste”
E alla fine, anche quella rimozione ingiusta è stata contestualizzata: “Il confine tra le pressioni e le minacce, a volte, non è così facile da distinguere – osserva la Fossati -. Di certo ci sono state pressioni alternate a lusinghe. A un certo punto sono stata anche rimossa dall’incarico. Hanno scritto che in servizio il mio comportamento era stato insoddisfacente e lacunoso. Ma io ho fatto però ricorso al giudice del lavoro e a settembre ci sarà la prima udienza. Perché alla fine la giustizia esiste”
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