La cappella votiva dei contadini diventa galleria d’arte
Qui si riparavano nei secoli scorsi dai temporali dopo il lavoro nei campi. Oggi il Comune l’ha trasformata in “Kunsthalle”
Da cappella votiva a “Kunsthalle”, atelier d’arte. Anzi, a dire il vero quella all’incrocio tra le vie Mazzini e al Martinello era una costruzione rurale risalente al 16° secolo nata in origine come protezione dai temporali e intemperie, poi adattata come chiesetta rurale.
Oggi il Comune di Castello Cabiaglio l’ha trasformata nel progetto KCC «un “artist-run space”», racconta Valentina Petter assessore del Comune di Castello Cabiaglio «situato in una cappella votiva risalente al XVI – XVII secolo. La cappella (nella foto sotto), un tempo collocata al crocicchio di strade che portavano ai campi, era nata con una funzione pratica oltre che devozionale: serviva come riparo per i contadini colti dal maltempo. La struttura in pietra porta le testimonianze del passaggio di donne e uomini, che hanno voluto lasciare un segno tangibile o soltanto una presenza evanescente del loro sussistere hic et nunc».

E qui arriva il progetto KCC «una finestra culturale, un luogo che vuole suggerire l’importanza della contingenza, dell’effimero, del momento unico e irripetibile, proponendo la precarietà e la leggerezza come valore».
Kunsthalle, da wikipedia
Una Kunsthalle o Kunsthaus è un termine della lingua tedesca che indica un edificio nel quale vengono realizzati mostre ed esposizioni artistiche. Questa parola può essere tradotta con Galleria d’arte, benché essa abbia un’accezione più specifica. Una Kunsthalle è spesso diretta da una Kunstverein (“società artistica”) e si riferisce ad una galleria o ad un museo al quale collaborano diversi artisti, vi si tengono conferenze, convegni e laboratori. Una Kunsthalle è simile ad un Kunstmuseum (“Museo d’arte”), pur non essendo equivalenti i termini: un Kunstmuseum ha la sua collezione permanente, mentre, solitamente, una Kunsthalle ne è priva.
«Le opere non sono soltanto ospitate in questo spazio ma entrano a farne parte, diventando una presenza che – subendo la contingenza del tempo – si fa assenza e dimenticanza, o, tuttalpiù, memoria. Realizzate appositamente per questo progetto – che si configura come una sorta “stazione” sperimentale” – vivranno di un loro tempo specifico, più o meno dilatato, potranno anche sovrapporsi una all’altra, alcune opere cambieranno, spariranno, altre si aggiungeranno, in un intreccio e minima stratificazione di senso, dialogando per assonanze o per opposizione a sottolineare differenze e inediti punti di vista», conclude l’assessore Valentina Petter.
Il primo artista a essere stato invitato è Carlo Buzzi, noto per i suoi interventi di public art, tramite manifesti istoriati presentati in affissioni pubbliche.
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