Il portavoce mi scrive

Il Capo Ufficio Stampa e Portavoce del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie mi ha scritto un e-mail dicendo che aveva apprezzato il pezzo “Innovazione tutti ne parlano ma…” e mi ha inviato una nota di riepilogo di quasi tutto quello che il dipartimento ha fatto per colmare un ritardo che aveva trovato nella innovazione digitale. E’ un documento interessante. Vi appaiono tre principali filoni di azione.

La informatizzazione della pubblica amministrazione, sia nello svolgimento dei suoi compiti sia nei rapporti con il cittadino. Devo riconoscere che, e lo costato quotidianamente nella professione di commercialista, le formalità fiscali e societarie sono molto facilitate dalle innovazioni procedurali informatiche che sono state introdotte. I siti dei vari enti e ministeri sono ben fatti e funzionano bene.

V’è poi una serie di iniziative intese a facilitare l’acquisto di computer da parte di studenti, dipendenti pubblici e privati, famiglie a basso reddito. La più recente è per gli studenti universitari con la messa a disposizione di un finanziamento agevolato fino a 1.200 euro e, per i meritevoli, un contributo (salvo esaurimento del relativo fondo) di 200 euro, immaginificamente chiamata “un c@ppuccino per un pc”, perché le quote di rimborso del prestito corrispondono al costo di un cappuccino quotidiano. Tutto fa, e sembra che queste iniziative abbiano avuto molte adesioni. Tuttavia non mi paiono interventi così determinanti. Ben altro impatto sarebbe destinato ad avere il pc portatile da 100 dollari secondo il progetto di Nicolas Negroponte del Media Lab del Massachusetts Institute of Technology. Ne ho già scritto nella rubrica del 15 ottobre scorso, e paragonavo il costo del computer con il costo di libri e accessori che ogni famiglia si trova a spendere ogni anno: dai 200 ai 400 euro.

Infine v’è l’opera di diffusione dell’uso del computer tra i cittadini italiani. E’ in corso di distribuzione per posta a 16 milioni di famiglie un opuscolo dal titolo “L’innovazione digitale per le famiglie” che dovrebbe contribuire alla educazione informatica degli italiani spingendoli a comprare un computer ed a studiare come usarlo. E’ quindi una operazione di marketing ma, dopo averlo scaricato da internet e letto, sotto questo profilo non mi pare che ci siamo. E’ troppo denso, elenca un mucchio di aspetti che chi già dispone di un computer e lo usa correntemente può apprezzare, ma che penso scoraggi o lasci indifferente chi ha bisogno di essere educato. E allora, perché? Ricordo un libricino agiografico che Berlusconi aveva qualche anno fa distribuito a tutte le famiglie; questo mi pare assolva a un simile compito, nell’imminenza delle elezioni.

Per l’informatizzazione degli italiani spingono già le società produttrici di hardware e di software. Il Governo deve invece provvedere a modernizzare la Pubblica Amministrazione, e vi ha in parte provveduto e vi stia provvedendo. Deve poi stabilire delle normative che, con l’impiego delle nuove tecnologie disponibili, mettano in grado il sistema economico di migliorare l’efficienza riducendo i costi. Fra le innovazioni l’opuscolo cita, giustamente, la raccomandata elettronica. Certo questa possibilità fa guadagnare tempo e riduce i costi; tuttavia v’è un altro aspetto che rappresenterebbe una innovazione rivoluzionaria e utile oltre che di ben maggiore impatto economico ed ambientale, ed è la formulazione e l’archiviazione digitale di tutti i documenti, compresi quelli di rilevanza fiscale. V’è un decreto del gennaio 2004 che, recependo una direttiva comunitaria del 2001, ha fissato i criteri da seguire perché i documenti digitali abbiano validità legale e fiscale. E’ farraginoso, ma forse tale è considerato il problema. Tuttavia ho l’impressione che qui in Italia si manifesti nell’intimo dei funzionari dei ministeri (quelli che sotto l’impulso dei ministri formulano le leggi tecniche) uno scontro di esito incerto fra contrastanti aspirazioni: quella di semplificare e quella di controllare. Ricordo che anni fa i miei clienti stranieri stupivano alla esigenza italiana di vidimare prima dell’uso i libri contabili; ora, finalmente, anche in Italia questo non è più richiesto.

Provate a immaginare che le fatture debbano essere emesse elettronicamente secondo un modello stabilito per legge, con identificazione dei dati significativi quali il codice fiscale del fornitore e del cliente, gli importi, la data, il numero, e tutto quanto è oggi richiesto per la correttezza formale del documento. Non ci sarebbe più carta da scrivere, imbustare, spedire, manipolare e archiviare; la contabilizzazione delle fatture emesse e ricevute potrebbe essere quasi interamente automatizzata. E le possibilità di controlli incrociati della Finanza non sarebbe compromessa, anzi.

Quale risparmio: di tempo, di lavoro, di foreste e di energia.

A questo proposito nel documento del Ministro per l’innovazione si cita la sperimentazione dell’invio per posta elettronica del cedolino stipendio ai dipendenti pubblici. E si conclude: “È stato calcolato che tale innovazione solo per questo dicastero consentirà a regime un risparmio annuo di oltre 10 milioni di €, nonché di oltre 500 tonnellate di carta, pari a più di 7.000 alberi, vale a dire 80 ettari di bosco, l’equivalente dell’intera estensione di villa Borghese a Roma.” E questo nel ridotto ambito delle buste paga di un Ministero!

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Pubblicato il 04 Febbraio 2006
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