Il negozio in centro non è più un affare
Via Magenta, Medaglie d’Oro e Piave, le vie che non attraggono più i commercianti varesini. Saracinesche abbassate, cartelli di vendita e affitto. Sono sempre di meno le attività storiche che resistono
Era una sorta di triangolo d’oro del commercio varesino, la prova provata che l’abbinamento negozio-centro era la formula vincente. Oggi la triade costituita da via Magenta, via Medaglie d’Oro e via Piave, attraversa un brutto momento. Basta fare due passi in quelle vie per imbattersi nella "Spoon river "del bottegaio: saracinesche abbassate, vetrine polverose, cartelli «affittasi» e «vendesi» appesi ovunque.
La globalizzazione, insieme alla crisi, ha giocato un ruolo determinante in questa ritirata, ma non ne esaurisce tutte le ragioni. I commercianti, quelli disposti a parlare, elencano una serie di punti negativi: affitti troppo alti, pochi posti auto e , appunto, la solita crisi. «Sono stanco della situazione» sbotta Mario che in via Piave gestisce da più di mezzo secolo la Pasticceria “Buzzi”. Ma la stanchezza, come la chiama Mario, non puo’ durare dal 1956. Forse la verità è che in quella zona è cambiata la geografia commerciale perché è cambiata la vita del quartiere. Le stazioni ferroviarie ci sono sempre state ma è indubbio che oggi c’è più mobilità di ieri. La presenza di immigrati con famiglie e figli al seguito ha influito anche sulla presenza dei negozi. E così bar, gioiellerie e panifici hanno passato il testimone a nuove attività commerciali, funzionali ai nuovi cittadini, che vendono kebab (pietanza poco costosa di origine turca e molto gradita anche ai varesini), oggettistica, minimarket etnici e phone center, grazie ai quali gli immigrati comunicano con i paesi di origine. Ma la massa critica non è ancora sufficiente per poter tamponare l’emorragia dei negozianti nostrani.
La globalizzazione, insieme alla crisi, ha giocato un ruolo determinante in questa ritirata, ma non ne esaurisce tutte le ragioni. I commercianti, quelli disposti a parlare, elencano una serie di punti negativi: affitti troppo alti, pochi posti auto e , appunto, la solita crisi. «Sono stanco della situazione» sbotta Mario che in via Piave gestisce da più di mezzo secolo la Pasticceria “Buzzi”. Ma la stanchezza, come la chiama Mario, non puo’ durare dal 1956. Forse la verità è che in quella zona è cambiata la geografia commerciale perché è cambiata la vita del quartiere. Le stazioni ferroviarie ci sono sempre state ma è indubbio che oggi c’è più mobilità di ieri. La presenza di immigrati con famiglie e figli al seguito ha influito anche sulla presenza dei negozi. E così bar, gioiellerie e panifici hanno passato il testimone a nuove attività commerciali, funzionali ai nuovi cittadini, che vendono kebab (pietanza poco costosa di origine turca e molto gradita anche ai varesini), oggettistica, minimarket etnici e phone center, grazie ai quali gli immigrati comunicano con i paesi di origine. Ma la massa critica non è ancora sufficiente per poter tamponare l’emorragia dei negozianti nostrani.
Il rione ha cambiato faccia e di conseguenza è cambiata anche l’attività immobiliare. «I negozi non valgono più come in passato – commenta un esercente –. Tanto che se volessi vendere il mio esercizio, non prenderei i soldi che all’epoca ho investito per rilevarlo».
In via Medaglie d’Oro, dopo 15 anni di onorata attività, ha chiuso il negozio etnico, gestito da italiani. «La crisi qui si avverte già da qualche anno – spiega Alessandro, fratello della proprietaria del negozio . La gente non compra, e se lo fa, preferisce negozi più economici e spesso con merce di qualità inferiore».
La coda di macchine sembra un lungo serpente che si avvita attorno all’ex triangolo d’oro. Scendono da via Medaglie d’Oro e si infilano in via Magenta, anticamera del cuore della città. Auto parcheggiate con le quattro frecce e facce trafelate che entrano nei negozi. Quelli rimasti aperti.
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