Voglio andare a Gaza ma i consolati non danno risposte
Il consigliere comunale Flavio Ibba ha deciso di trascorrere le ferie estive a disposizione dei bambini palestinesi rimasti orfani dopo i bombardamenti di gennaio. Ma raggiungere la Palestina sembra impossibile
Dopo la “tregua” e la “PACE”, ho deciso di trascorrere il mio periodo di ferie estive a disposizione dei bambini di Gaza rimasti orfani dopo i bombardamenti di gennaio. Questo mio progetto non è possibile attuarlo.
Prima di intraprendere questo percorso chiamo i consolati di riferimento per verificare i vaccini e i documenti necessari per entrare nel paese.
La striscia di Gaza (lunga 47 km e larga 10 Km, dove vivono 1.500.000 di persone) non è raggiungibile direttamente ne via mare ne via aerea ( porto e aereoporto distrutto) a causa del divieto di volo e di navigazione
imposti da Israele sulla Palestina. I relativi consolati (atti a facilitare gli spostamenti e veicolare le informazioni) presenti in Italia delle 2 nazioni che di fatto controllano l’accesso terrestre a Gaza, Israele e Egitto, interpellati da me, non mi danno precise informazioni in merito e se ne lavano le mani come fece “Pilato”.
Il consolato Israeliano mi informa che loro sono Israele e non la Palestina e di rivolgermi al consolato Palestinese (che richiede solo un passaporto valido, una volta passato il valico Egiziano o Israeliano) o alla Farnesina (che non c’entra niente), dimenticandosi che uno dei 2 ingressi per Gaza è da loro Gestito essendo sul loro territorio. Il consolato Egiziano mi indica che non riesce a prevedere in che giorni il valico è aperto, impedendo di fatto una programmazione di viaggio verso quell’area.
Infatti al valico di Rafah (Egitto) si trovano diversi giovani Internazionali e aiuti umanitari bloccati a tempo indeterminato. Da 4 anni accade che un’area grande quanto Milano e la sua popolazione, mi riferisco a Gaza, non siano raggiungibili, non liberi di muoversi e siano privi di approvvigionamenti. Ovviamente ai milanesi o a un cittadino italiano questo non può accadere perché ognuno di noi difenderebbe con la propria vita la libertà e la sua
terra.
Prima di intraprendere questo percorso chiamo i consolati di riferimento per verificare i vaccini e i documenti necessari per entrare nel paese.
La striscia di Gaza (lunga 47 km e larga 10 Km, dove vivono 1.500.000 di persone) non è raggiungibile direttamente ne via mare ne via aerea ( porto e aereoporto distrutto) a causa del divieto di volo e di navigazione
imposti da Israele sulla Palestina. I relativi consolati (atti a facilitare gli spostamenti e veicolare le informazioni) presenti in Italia delle 2 nazioni che di fatto controllano l’accesso terrestre a Gaza, Israele e Egitto, interpellati da me, non mi danno precise informazioni in merito e se ne lavano le mani come fece “Pilato”.
Il consolato Israeliano mi informa che loro sono Israele e non la Palestina e di rivolgermi al consolato Palestinese (che richiede solo un passaporto valido, una volta passato il valico Egiziano o Israeliano) o alla Farnesina (che non c’entra niente), dimenticandosi che uno dei 2 ingressi per Gaza è da loro Gestito essendo sul loro territorio. Il consolato Egiziano mi indica che non riesce a prevedere in che giorni il valico è aperto, impedendo di fatto una programmazione di viaggio verso quell’area.
Infatti al valico di Rafah (Egitto) si trovano diversi giovani Internazionali e aiuti umanitari bloccati a tempo indeterminato. Da 4 anni accade che un’area grande quanto Milano e la sua popolazione, mi riferisco a Gaza, non siano raggiungibili, non liberi di muoversi e siano privi di approvvigionamenti. Ovviamente ai milanesi o a un cittadino italiano questo non può accadere perché ognuno di noi difenderebbe con la propria vita la libertà e la sua
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