Morì ustionata al Molina, tutti assolti

Paziente uccisa da uno scaldino killer, il pm aveva chiesto 6 mesi per la figlia e la nipote

Morì per le ustioni provocate da uno scaldavivande, che le aveva incendiato la coperta del letto. Una tragedia che sconvolse la casa di riposo Molina il 5 dicembre del 2006. Il tribunale di Varese ha però assolto quelle che la procura sospettava essere le responsabili di quella tragedia, ovvero la sorella e la nipote della vittima, accusate di aver fornito alla povera Jolanda Eveli lo scaldino assassino, aggirando il divieto di tenere oggetti pericolosi della casa di riposo. Le due donne avevano ammesso di aver introdotto nella camera 38 del Molina lo scaldino, ma due mesi prima del rogo fatale. E il giudice Anna Giorgetti le ha assolte perchè il fatto non costituisce reato, nonostante il pm d’udienza avesse chiesto sei mesi per entrambe, per omicidio colposo.
Di chi fu allora la colpa? Saranno le motivazioni a chiarire perché le due donne siano state riconosciute innocenti, ma intanto è un fatto che la tesi difensiva dell’avvocato Vittorio Cliento è risultata quella vincente. Nella sua replica finale, il legale aveva chiaramente sostenuto che gli addetti della casa di riposo avrebbe dovuto controllare meglio la stanza. E che con le sbarre del letto alzate, e in una situazione di seminfermità, la Eveli non avrebbe potuto raggiungere il tavolino da sola. Il legale ha così controbattutto  alla tesi dell’accusa e della parte civile, ovvero che tutte le procedure della casa di riposo erano perfette e nessuno aveva sbagliato.
Dal canto suo, l’avvocato di parte civile, Giancarlo Beraldo (che rappresenta il Molina) aveva chiesto i danni morali e patrimoniali alle due donne, Corinna Marchigiani e Luciana Eveli, senza tuttavia quantificarli. Una richiesta fatta non tanto per avere denaro degli imputati, ma per farsi riconoscere di avere bene operato anche nella tragedia. E che però il giudice ha negato.
Entrambi gli avvocati, tuttavia, hanno fermamente condannato lo scaldino killer: sottolineando che,  un oggetto scaldavivande capace di raggiunge in pochi secondi 400 grandi di calore, sia una vera e propria arma letale. E chi l’ha prodotta dovrebbe farsi un esame di coscienza.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Luglio 2009
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