Ex Ibici, si muove la politica “ma per noi non cambia nulla”
Scettici i dipendenti in presidio fuori dall'azienda, chiusa dal 31 luglio. "L'azienda chiude? Ok, ma vogliamo gli arretrati e restiamo qui fin quando non li avremo"
Alla fu Ibici lascia freddi i dipendenti in presidio anche l’intervento, apprezzabile ma tardivo, della politica. Ora della vicenda si occupa anche il Parlamento: il deputato bustocco alla Camera, Marco Reguzzoni della Lega Nord, ha presentato in questi giorni un’interrogazione. Premesso che non c’è più niente da fare per il destino dell’azienda, l’intervento dell’esponente politico va a battere sul tema dei contributi alle aziende e della delocalizzazione, due temi spesso interconnessi nell’ultimo decennio, con buona pace della difesa della produzione locale.
«Per noi, anche con questo atto non cambia nulla» allargano le braccia i dipendenti in presidio. Grazie della solidarietà, insomma, ma finisce lì. «La legge non dovrebbe permettere ai proprietari di fare queste cose» insorge una dipendente. Già, la legge: perché ormai solo la politica può intervenire, dall’alto, a tamponare.
I dipendenti, ormai senza lavoro, incrociano braccia… e gambe sedendo a guardia dell’azienda per evitare che i macchinari vengano portati via prima che arrivino loro gli arretrati dovuti. Una situazione probabilmente non nuova in sé, ma certo singolare: la fabbrica è chiusa dal 31 luglio. Siamo in zona industriale, all’estremità sud-ovest del territorio comunale bustese, praticamente al confine con Magnago. I vialoni sono poco battuti, e non meraviglia un 10 di agosto; peccato che anche uno o due mesi fa lo scenario non fosse poi tanto diverso. La crisi si è fatta sentire un po’ per tutti.
A fare specie al capannello di persone sedute all’ombra di un albero nell’afa del meriggio padano è però il fatto che la loro azienda ha dovuto chiudere senza essere stata travolta da una crisi di ordini, che anzi c’erano. «Abbiamo dentro tanta rabbia» ci ripete la rappresentante sindacale di fabbrica Marisa De Stefano, che con colleghi e colleghe presidia l’ingresso in via Baden Powell. «Qui si parla di contributi, abbiamo letto proprio da Varesenews dell’interrogazione dell’onorevole Reguzzoni. Il nostro proprietario dal 2007, Luigi Ghirardi, di contributi ne aveva ottenuti, tra quelli della Regione Emilia Romagna (ha un altro stabilimento a Cotignola) e le banche». Le recriminazioni si sprecano, e il padrone che in capo a due anni dall’acquisizione ha chiuso tutto è bersagliato da chi in Ibici ha lavorato per trent’anni: nel capannello di guardia sono quasi tutti “veterani”. «È un ex operaio lui stesso, dovrebbe capire la nostra situazione. Invece…». «Per dare un’idea, qui negli ultimi giorni prima di chiudere abbiamo lavorato senza corrente elettrica: ce l’avevano tagliata, c’era un debito di 680.000 euro con Enel. È venuto lui in prima persona a portare un generatore…»
Sessanta dipendenti, al 90% donne, di cui dalla decina scarsa che troviamo fino ai 15-20 dell’…"ora di punta" montano di guardia, «e meno male che è agosto, se accadeva in gennaio…» fanno sventolandosi per il caldo. Difficile ritrovare una collocazione per questi lavoratori “maturi”: solo una decina, dopo l’anno garantito di cassa integrazione, potranno accedere al pensionamento.
«Purtroppo» aggiunge De Stefano «vicende come la nostra, nel senso di chiusure di stabilimenti, negli ultimi dieci anni se ne sono viste, tante, troppe. È il tessile che muore». Emblematica la parabola di Ibici, giunta fino a 350 dipendenti circa negli anni Ottanta. Oggi resta un marchio, e intorno a quello girerebbe tutto. Infatti a detta dei dipendenti quella che si è giocata sulle loro teste è una partita commerciale, piuttosto che un investimento industriale. E sul sito Internet che pubblicizza le calze prodotte il richiamo del nome è quello di Ibici, i riferimenti quelli della Intimfashion dei Ghirardi. Sul sito di quest’ultimo gruppo, alla voce “dove siamo”, compare la sola Cotignola. Busto Arsizio su quella pagina non c’è, ma lassù in sessanta aspettano «gli ultimi tre mesi di stipendio, tredicesima e quattordicesima, nonché il TFR». E non si muoveranno da lì finchè non arriverà il dovuto. «Qualcuno tra noi fa anche le ronde di notte» avvisano. «Non si sa mai…»
Nella foto compaiono (in ordine alfabetico): Mariella Cardia, Giovanni Cascelli, Rocco Crudo, Tiziana Cisotto, Annarita Colotti, Marisa De Stefano, Manuele Martini, Ornella Viceconti.
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