La messa dei giornalisti? La celebrano due colleghi
Ad invitare al momento di festa religiosa nel giorno del santo patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales, sono Luigi Stucchi e Gilberto Donnini, entrambi pubblicisti e direttori di giornale
Per i vecchi cronisti varesini i primi ricordi della festa dei giornalisti risalgono agli Anni ’60, a momenti di riflessione offerti, nel corso di un rito religioso, dalla vita del nostro patrono, san Francesco di Sales, protagonista di istruttivi esempi di professionalità; il nostro pensiero andava anche ai colleghi scomparsi.
Era stato Mario Lodi, direttore della “ Prealpina”, a dare corpo all’iniziativa, poi i suoi scatenati redattori per anni si fecero carico di un laicissimo post rito, un buffet molto partecipato da autorità, politici, rappresentanti del mondo del lavoro e dello sport, amici; si può dire che, bandita l’ufficialità, per tutti gli invitati fossero particolarmente gradevoli quattro amichevoli chiacchiere e tanta simpatia.
Nel tempo, complici le vicende politiche e la moltiplicazione delle testate giornalistiche cittadine che forse non gradivano il monopolio organizzativo di un tempo, la festa aveva inevitabilmente perso freschezza e hanno fatto bene colleghi illustri come il vescovo Stucchi e il prevosto Donnini – sono pubblicisti, hanno diretto prestigiosi giornali diocesani- a raccogliere il testimone per rilanciare la tradizione dell’incontro di chi opera nel mondo dell‘ informazione. Ecco infatti che giovedì 21 alle 11 nella cappella dell’istituto salesiano di piazza don Bosco si darà il via al nuovo corso della nostra patronale; dopo la messa il rinfresco suggellerà l’incontro.
Per quanto riguarda il rito non ci si aspetta una predica- bombardamento, gli spunti non mancherebbero, da parte del vicario episcopale: sia Luigi Stucchi sia Gilberto Donnini come penne colte e coraggiose non hanno mai perso l’opportunità di fare chiarezza… alla don Camillo, magari con maggior garbo, ma certamente con pari vigore. Insomma sono colleghi al 100 % quelli che ci chiamano a raccolta.
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