Lucarelli: “Per giudicare un assassino il dna non basta”

Lo scrittore era al Santuccio per la tavola rotonda "Crimini violenti e mass media". Tra gli ospiti: Federica Sciarelli, Antonio Marano, Claudio Brachino, Alessandro Casarin, Donato Carrisi e Umberto Brindani

Il convegno al Santuccio con Lucarelli, la Sciarelli e Brachino«Quando la tivù tratta il male, fa del male? Stimola la sua fascinazione o aiuta a combatterlo?»
È un grande tema quello che è stato dibattuto nel pomeriggio di venerdì 26 febbraio al teatro Santuccio, nella terza sessione del convegno dal titolo “Scienze Forensi: potenzialità e limiti”, realizzato con la collaborazione del criminologo Massimo Picozzi.
La domanda è stata posta da uno dei “signori della nera” che era sul palco della tavola rotonda: l’ex direttore di "Studio Aperto" (e ora direttore di Videonews di Mediaset) Claudio Brachino, uno che sui fattacci di cronaca nera non solo ha creato la fortuna dei suoi telegiornali, ma ha anche realizzato rubriche tivù di successo e libri.
Ma che, tra un racconto su lady Diana e l’ennesima cronaca di Cogne, riesce ancora a a domandarsi: «Quando trattiamo il male riusciamo ad essere imparziali?»

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E’ forse questo problema dell’imparzialità, del mantenere un equilibrio tra quello che onestamente è opportuno sapere di un delitto e quello che la gente vorrebbe vedere, il problema vero del rapporto tra “Crimini violenti e mass media”, che è stato l’oggetto dell’incontro moderato dal vicedirettore generale della Rai Antonio Marano. Oltre a Claudio Brachino, direttore di Videonews per Mediaset, c’era anche Umberto Brindani, direttore di "Oggi", Donato Carrisi, vincitore del Premio Bancarella 2009 con "Il suggeritore", Alessandro Casarin, condirettore dei TG Regionali RAI, Carlo Lucarelli, Giornalista e scrittore e Federica Sciarelli, Giornalista e conduttrice della trasmissione Rai “Chi l’ha visto”.

L’equilibrio, l’onestà intellettuale, sono quindi i veri confini di una materia difficile da affrontare. Perchè la forma giornalistica è molto spesso rispettata, anzi: «Adesso, mentre si allargano nella società le maglie di ciò che è giudicato accettabile, si restringono le maglie della nostra possibilità di lavorare. Abbiamo infatti sempre più normative che ci frenano – spiega Umberto Brindani – Normative, per l’amor del cielo, giustissime: ma con quelle norme foto che hanno fatto la storia del giornalismo, come la copertina dell’Espresso con Calvi deposto dal ponte dei Frati Neri, oggi non sarebbero più pubblicabili».

Malgrado le norme però, la grande forza spettacolare di certi eventi di cronaca continua a creare delle grandi distorsioni: «Vedere gli inquirenti che parlano come nello spogliatoio di San Siro, con 20 microfoni attorno, è una immagine che ogni volta mi tocca profondamente – spiega Alessandro Casarin – In questi casi penso sempre all’indagato, che magari – 3 volte su dieci – è innocente e nello stesso momento in cui i giornalisti assediano il giudice, non ha la possibilità di dire la sua».

Del resto: «Non è vero che quando riceviamo in redazione delle immagini choc ci domandiamo cosa farne, per paura di scioccare chi sa chi – replica però Federica Sciarelli – Tutti noi cerchiamo una storia e una immagine choc in esclusiva, non dobbiamo essere ipocriti. Ma, mi domando: cos’è davvero più scioccante per un ragazzino: conoscere cosa succede di brutto nel mondo, oppure vedere tette e culi a tutte le ore?».

La cronaca nera, quindi può avere un senso perchè spiega la realtà, anche nel suo lato oscuro. Ma non è uno spettacolo. «Dopo CSI c’è un approccio diverso alle indagini, anche da parte della gente che ascolta. Lo spettatore vorrebbe una risposta certa e veloce come succede nei gialli. E’ una fretta naturale, comprensibile, ma che va governata. Perché la realtà è molto più complessa. – prova a concludere Carlo Lucarelli -. Certe aspettative caricano alcune istituzioni, come i Ris o la Polizia Scientifica, di una responsabilità che è superiore al loro mandato. A volte ne abbiamo colpa anche noi, che scriviamo le storie: perchè abbiamo fatto grande uso dell’investigazione scientifica, che è un effetto speciale che fa sempre effetto. Ma abbiamo anche la responsabilità di far capire al lettore che ci vuole molto di più dell’esame del DNA per giudicare un uomo come assassino».
 

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Pubblicato il 26 Febbraio 2010
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