Luigi Pirandello incontra l’attualità
Lo spettacolo “L’uomo dal fiore in bocca – Cecè” in programma sabato 20 marzo, alle ore 21.00 al Duse di Besozzo
La scrittura drammaturgica di Luigi Pirandello incontra l’attualità. Succede al teatro Duse di Besozzo, dove sabato 20 marzo, alle ore 21.00, l’associazione culturale “Educarte” presenta gli atti unici “L’uomo dal fiore in bocca – Cecè”, l’uno ritratto magistrale degli stati d’animo provocati da una diagnosi infausta di malattia, l’altro raffigurazione di un’Italia allo sfascio, popolata da faccendieri, “amici degli amici”, lacché ed escort. Lo spettacolo, che ha debuttato lo scorso dicembre ad Agrigento, nell’ambito del 46° Convegno internazionale di studi pirandelliani, vedrà salire sul palco Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini e Mario Piciollo, attori della compagnia stabile della sala di piazza Plebiscito. Firma la regia Delia Cajelli.
Due i temi centrali nella poetica pirandelliana, il senso di ineluttabile incomunicabilità tra gli individui e la struggente consapevolezza della finitudine dell’esistenza umana, che fanno da fil rouge alla prima delle due piéce in cartellone: “L’uomo dal fiore in bocca”, tratta dal racconto “Caffè notturno” del 1918 (ripubblicato cinque anni dopo con il titolo definitivo de “La morte addosso”) e rappresentata per la prima volta al teatro degli indipendenti di Roma, diretto da Anton Giulio Bragaglia, il 21 febbraio 1923.
Lo spettacolo, classico pirandelliano di grande impatto emotivo e di straordinaria forza drammatica, trasporta il pubblico all’esterno del caffè di una stazione ferroviaria, illuminato dalle luci fioche della notte. In questo scenario, squallido e crepuscolare, un «pacifico avventore», che ha perduto l’ultimo treno della sera e che, in attesa del convoglio successivo, lascia scorrere il tempo sorseggiando una bibita alla menta, si ritrova ad ascoltare la dolente storia di un uomo ammalato di epitelioma, un cancro o come scrive lo stesso Luigi Pirandello un fiore che la morte, passando, «ha ficcato» in bocca. Il dialogo, o meglio il semi-monologo del protagonista, si configura come una meditazione sull’esistenza umana, sull’importanza della quotidianità e di tutto ciò che, in condizioni normali, appare insignificante. Dai braccioli delle sedie negli atri della stazione ai gesti che i commessi dei negozi compiono per fare un nodo a un pacco, dall’arredamento delle sale d’attesa dei medici all’imprevedibilità dei terremoti, tutto passa al vaglio dell’uomo malato, in un estremo e unico punto di contatto con la vita che sfugge, della quale egli vuole goderne fino allo stremo delle sue possibilità esistenziali, «come un rampicante alle sbarre d’una cancellata».
Diverso il clima che si respira nell’atto unico “Cecè”, scritto nel luglio 1913 e rappresentato per la prima volta a Roma, presso il teatro Orfeo, nel dicembre 1915, nel quale Luigi Pirandello dipinge, con scanzonata leggerezza e gustosa verve comica, il ritratto di un’«Italietta» senza dignità, soffocata da dissolutezze e scandali. I riflettori sono puntati sul giovane Cesare Vivoli, detto Cecè, un viveur senza scrupoli, un simpatico e spudorato intrallazzatore, degno rappresentante di quel sottobosco di favori e di quel clima clientelare che anima la Roma di inizio Novecento, teatro di corruzione politica.
Con sfrontata allegria, l’uomo riuscirà a imbrogliare sia il commendator Squatriglia, che per i suoi loschi traffici di appaltatore, è venuto a ringraziarlo per un favore ottenuto, sia Nadia, una giovane dai facili costumi, nelle cui mani, come pegno d’amore, egli ha depositato delle cambiali che, inutile dirlo, attraverso uno stratagemma, riuscirà a farsi restituire.
«Novità registica di questo allestimento è l’attualizzazione del messaggio pirandelliano, anche in considerazione della cronaca politica degli ultimi mesi, che ha portato alla ribalta di giornali e trasmissioni televisive trans, escort, faccendieri e mafiosi. A distanza di quasi un secolo, i personaggi di “Cecè” mostrano così tutta la loro freschezza. Potrebbero essere perfetti ospiti di reality show o di moderni salotti televisivi», spiega Delia Cajelli. Un dubbio, dopo questa illustrazione, viene spontaneo: che le parole di Luigi Pirandello finiscano per incontrare le note scritte da Luigi Piovani per la sigla di “Annozero” o quelle di “Jeux d’enfants” di Cirque du Soleil con cui si apre “Ballarò”?
Per informazioni e costi: Ufficio Cultura di Besozzo, tel. 0332.970195 (interno 204) o Musical Box, tel. 0332.770479.
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