Sandy Cane “E adesso vorrei incontrare Obama”

Da outsider della politica a simbolo della "diversità della Lega". Sandy Cane è la più famosa delle donne sindaco leghiste di oggi

sandy caneSapeva che prima o poi sarebbe uscito un libro che parlava di lei, Sandy Cane: Cristina Giudici, la giornalista che ne ha scritto, è venuta a Viggiù per conoscerla e per conoscere meglio il paese che guida. «Quella giornalista è stata da me per un po’, poi non ho saputo più nulla. Ho scoperto che è uscito il libro e me lo sono fatta comprare: francamente sono preoccupata».
Ma non deve preoccuparsi, la sindaco di Viggiù: nel libro di Marsilio il capitolo che la riguarda la dipinge con umanità e senza lacci né pregiudizi, due caratteristiche di cui va orgogliosa. L’unica cosa un po’ storta è che definisce il suo paese “spettrale”: «Però lei è venuta in inverno, ed era logico che non ci fosse nessuno per strada»

Catapultata nella politica, la Cane pensava di candidarsi a sindaco di un piccolo paese e si è ritrovata simbolo internazionale: «Prima delle elezioni non pensavo né di essere una donna di colore, né di essere una sindaco della Lega: ero Sandy, quella che in paese conoscevano da bambina con i codini da pestifera. Essere eletta mi ha fatto piacere, perchè voleva dire essere apprezzata e ricordata, ma da allora ho avuto dei giorni da incubo, inseguita dai giornalisti: ho perso 15 chili. La cosa che più mi infastidiva era quella storia del “sindaco di colore”: però è stata bella la reazione dei viggiutesi che mi hanno protetto in tutti i modi. Nascondevano ai giornalisti l’indirizzo di casa mia e uno ha pure risposto alla telecamera «Lei, per noi, non è un “sindaco di colore”. È la Sandy».

I cittadini però, non si fanno disturbo a chiederle di tutto: «Mi parlano quando cammino al mercato – lo faccio tutti i mercoledì – mi parlano mentre mangio la pizza. Ma non mi spiace ascoltarli: per me è facile. Non c’è distanza tra noi: io gioco a scopa d’assi al bar, vengo in motorino, quando passo davanti alle scuole i ragazzini mi salutano dicendo “ciao sindaco”. Una soddisfazione per me, perchè hanno incominciato a salutarmi dopo che li avevo sgridati».

Secondo lei «Non ha senso che ogni cosa che faccia vada sul giornale. C’è un sacco di gente che fa cose più importanti delle mie». Ma in questo paese di confine e un po’isolato c’è comunque spazio per sognare e andare un po’ più in là: «Il mio sogno più grande è mettere a posto il secondo e terzo piano della villa Borromeo, una splendida villa in centro paese. Il problema è che non ho una lira: così mi piacerebbe vincere al superenalotto e mettere lì la biblioteca comunale».

A dire il vero, di sogno nel cassetto ne avrebbe anche un altro: «Io sono del Massachussets, fino a pochi mesi fa uno stato democratico degli Stati Uniti, e sono democratica da sempre. Mi piacerebbe, un giorno, incontrare Obama. Per ora, dopo i titoli “Obama della lega” che ho ottenuto nei giornali europei, al 4 di luglio ho ricevuto un biglietto dal Governo Americano. Non ci spero, non voglio disturbarlo, ma sarebbe proprio bello».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 07 Aprile 2010
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