No al bavaglio, sì all’autoregolamentazione

Di Pierfausto Vedani

Giornalisti prima in piazza e poi in sciopero contro una legge di dubbia costituzionalità, non ispirata a una tutela dei diritti, ma a un non nascosto revanscismo della politica che si realizza con norme di rara ottusità e con un infantilismo procedurale davvero preoccupante. Voglio dire che se lo scopo primo della legge contestata era la difesa degli interessi di cittadini “intercettati” e, pur essendo assolutamente estranei alla vicenda giudiziaria, messi in piazza dai cronisti pure con il silenzio o addirittura il benestare della magistratura, allora sarebbero bastati pochi e limpidi articoli per varare una legge che raggiungeva chiaramente il suo scopo. Oggi invece c’è il fortissimo rischio che dopo la giusta ribellione davanti al mostriciattolo giuridico alla fine poco o nulla cambi, nel senso che una volta di più la mia categoria non rifletta sulla validità della contestazione della nostra leggerezza nel coinvolgere in situazioni che non li riguardano cittadini che hanno il diritto sacrosanto alla riservatezza. Vinta la battaglia contro i bavagli vari sarebbe opportuno che i giornalisti in materia di intercettazioni si imponessero una forte e civile autoregolamentazione prima che ci pensino altri a recuperarci alla vera democrazia. Quella che in pari misura rispetta la libertà di stampa e quella dei cittadini.
Anche la magistratura deve recuperare terreno nei confronti dei cittadini se la metà circa degli italiani non la stima più come in passato. Altro che nuove leggi e bavagli e bavaglini: forse basterebbe applicare il codice, cioè far rispettare il segreto istruttorio per limitare inaccettabili incursioni nella sfera privata di cittadini estranei alle indagini. A volte noi cronisti complichiamo l’attività degli inquirenti con anticipazioni o scoperchiando pentole che altri tengono ben chiuse: guai se non lo facessimo, ma poi a volte ci troviamo in difficoltà là dove in omaggio alla legge, non si vuole che si vada oltre. Come a Varese dove la riservatezza di chi indaga è notevole.
La legge sulle intercettazioni è insopportabile anche per i giudici, che però non convincono nel momento in cui nella protesta infilano pure il no alla nuova tassazione dei loro guadagni, che non sono da poco. Certamente vanno difesi i magistrati giovani che non hanno stipendi entusiasmanti, ma fare quadrato attorno a retribuzioni invidiadibili, non sempre suscita simpatie. E purtroppo fa anche dimenticare il pesante tributo pagato dai giudici nella battaglia per la libertà. Anche per questo motivo non guasterebbe ricordarsi che forma, metodo e immagine non possono essere uguali nelle battaglie sindacali.
 

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Pubblicato il 03 Luglio 2010
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