Scompare l’apprendista, aumenta il precariato

Dei 71 mila avviamenti al lavoro, solo il 3 per cento sono contratti di apprendistato. Vera Stigliano (presidente consulenti del lavoro): «E' un investimento sul futuro. La crisi non permette di vincolarsi per troppo tempo»

Un tempo l’apprendistato era il contratto con cui i giovani entravano nel mondo del lavoro. Persino gli stregoni dovevano andare a bottega per imparare i trucchi del mestiere. Oggi, a leggere i dati (Inps) relativi al 2010 elaborati dalla Cgil di Varese, non è più così. Dei 71 mila avviamenti al lavoro solo nel 3 % dei casi è stato utilizzato il contratto di apprendistato.
Una delle spiegazioni di questo crollo è da attribuire alla molteplicità di contratti a disposizione delle imprese che garantiscono una maggiore flessibilità e un minor costo: contratto a progetto, stage o tirocinio, contratto d’inserimento (sostituisce il vecchio contratto di formazione lavoro), contratto a tempo determinato. «L’apprendistato – spiega Vera Lucia Stigliano, presidente dei consulenti del lavoro – si caratterizza per l’alternanza tra formazione e lavoro, che è poi l’evoluzione della figura del garzone di bottega. Se un imprenditore trova un apprendista e vuole assumerlo si prepara a fare un investimento per il futuro. Ma in un momento di crisi economica garantire una durata oltre i due anni diventa impegnativo. Consideriamo inoltre che lo sgravio fiscale per l’apprendistato, che varia dal 3% al 10 %, non è determinante se paragonato ai costi della formazione».
Gli artigiani da sempre sostengono che il vero investimento per un piccolo imprenditore consiste nella scelta dei collaboratori, nella risorsa umana. «L’apprendistato – dice Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato – per noi è lo strumento principe per inserire i giovani nelle aziende. Se vuoi imparare un mestiere è ancora la via da privilegiare perché in questo modo l’apprendista è come se acquistasse una patente».
L’idea dell’apprendista che va a bottega dal meccanico con la tuta sporca di grasso e la prospettiva di rimanere per una vita intera in officina deve fare i conti con una generazione di adolescenti che si dà appuntamento sui social network (Facebook) e si iscrive alle reti professionali (Linkedin) per condividere il proprio profilo lavorativo.
Nel mondo bancario il contratto di apprendistato è invece usato con una certa frequenza. Una ricerca della Fabi sul fenomeno del precariato nel sistema del credito, pubblicata nel 2009, dimostra che le assunzioni di apprendisti dal 2006 sono costanti (il 13% del totale). La ragione, secondo i dati forniti dal sindacato autonomo dei bancari, è semplice: un apprendista costa in media 2.207 euro mensili, contro i 4.051 di un impiegato a tempo indeterminato anziano (cioè assunto prima del 1985). Un buon argomento, dunque, sulla base del quale i consigli di amministrazione delle banche hanno deciso di incrementare la quota di lavoratori precari fino a raggiungere le 12.925 unità, di cui almeno la metà assunti come apprendisti. «Questa composizione – spiega Rosalina Di Spirito della segreteria provinciale della Fabi – varia a seconda del gruppo bancario. Alcuni istituti prediligono gli interinali, altri l’apprendistato. Nonostante l’aumento costante del precariato, tra i giovani laureati non è mai diminuita l’attrattività del posto in banca che per molti rappresenta ancora una sorta di miraggio lavorativo».
Per capire dove andare, bisogna conoscere. Troppo spesso, però, i giovani si avvicinano al mondo del lavoro senza le necessarie informazioni. «Se non conosco le leggi e i fondamentali del mercato – conclude Vera Stigliano – diventa difficile scegliere con giudizio e mettere in atto una sorta di autotutela. Questo tipo di informazione dovrebbe fornirla la scuola».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Febbraio 2011
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