«Ecco come salviamo la vita in montagna»

La due giorni per la prova iniziale e i corsi. Le chiamate e i pochi minuti per prepararsi all’intervento: come funziona il servizio di soccorso alpino e speleologico che nelle ultime settimane è in prima linea anche nel Varesotto

soccorso alpino luglio 2011In montagna non si scherza, e non puoi improvvisarti soccorritore se non sai neppure tu dove mettere i piedi. Per questo, per fare parte del Soccorso alpino, non tutti sanno che c’è la “due giorni” (ricordate i “tre giorni” del militare? ndr): le matricole vengono mandate sullo Stelvio dove guide alpine e tecnici esperti valutano la preparazione: come sai scalare, come scii, come ti muovi su terreni ‘impervi’.
Parlare del Soccorso Alpino è tristemente d’attualità: nell’ultimo mese sono stati effettuati diversi interventi, alcuni dei quali – come per la tragedia del camionista, a Colmegna e la morte dell’escursionista, solo sabato scorso,a Laveno Mombello – anche con esito mortale. Lì non c’è molto da fare: si arriva sul posto col medico del 118, il resto si traduce nel recupero di un corpo in ambiente impervio, preceduto dalla constatazione di decesso.
A raccontare di questo mondo, fatto di sacrificio e rigore, tra il volontariato e l’eccellenza tecnica è un operatore Cnsas, (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) che da anni interviene soprattutto nel Luinese e nell’intera provincia.
«Non è per farvi uno sgarbo, ma è meglio se non scrivete il mio nome», dice al telefono l’alpinista. Motivo? «Per noi lavorare in squadra è fondamentale e non abbiamo voglia di pubblicità personale». Ma chi sono queste persone pronte in pochi minuti a coprire forti dislivelli, a piedi o in elicottero, con la neve e sotto il sole d’estate, e soccorrere chi è nei guai in montagna?soccorso alpino luglio 2011
«Siamo impiegati, operai, avvocati, ingegneri, giornalisti – racconta – gente che nella vita fa altro e decide di donare un po’ di tempo libero al prossimo». Il “dopolavoro” di questi volontari viene difatti speso per gli interventi, ma anche per esercitazioni, aggiornamenti e per tenersi su col fisico: per affrontare la montagna ci vuole preparazione di gambe e di testa; figuriamoci per intervenire quando qualcuno chiede aiuto. Il corso dura un anno e mezzo – è strutturato in moduli – e poi si è pronti a “uscire”, con periodici e rigorosi aggiornamenti teorici e pratici; le specialità si formano in parte in via teorica, in parte sul campo.
«Fondamentale è avere una preparazione di soccorso sanitario d’emergenza: il primo obiettivo – spiega F. – è arrivare il più rapidamente sul posto per salvare chi sta male o è ferito. Poi si viene raggiunti da altre unità che portano i presidi per l’immobilizzazione e aiutano nel trasporto o in barella o in elicottero. Il tutto costantemente in contatto radio».
Ma come funziona il servizio? «Abbiamo una reperibilità sul territorio e nel giro di pochi minuti siamo pronti per venir imbarcati sull’elicottero o su altri mezzi di soccorso, del 118 o delle forze dell’ordine. Le squadre in tutto sono due: una a Luino, e una a Varese, ma la presenza sul territorio è solo indicativa: succede spesso che personale disponibile su Luino, ad esempio, operi anche su territori di Varese, grazie all’elicottero e alla disponibilità di un proprio mezzo di soccorso. E’ un esempio per spiegare come funziona la nostra struttura: c’è un protocollo di attivazione della richiesta d’intervento molto rapido che parte dall’allertamento da parte del 118 e in pochissimo tempo riusciamo a identificare sul territorio il personale più competitivo per l’intervento».
Ma qual è la tipologia del vostro intervento? Cercatori di funghi, anziani che si perdono, escursionisti…
soccorso alpino luglio 2011«Tanti cercatori di funghi quando è la stagione, ma soprattutto escursionisti che non conoscono il tragitto, si perdono e non sono poi in grado di trovare la strada: qui il rischio è che affrontino la montagna in direzioni sbagliate e cadano da pareti o dislivelli imprevisti».
Quanto conta l’avere in tasca il gps o uno smart phone per le escursioni? Non rendono forse più pericolose queste passeggiate? Non danno un senso di tranquillità che poi si traduce in un abbassamento della guardia?
«Può darsi che qualcuno molto sbadato utilizzi questi strumenti in maniera non appropriata, questo è vero. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: avere le coordinate geografiche precise è fondamentale e per noi trovare il punto di intervento diventa molto più semplice. Il problema, infatti sono le persone che si perdono e non sanno dare indicazioni su dove si trovano».
La vostra sicurezza come viene garantita?
«Non siamo mai soli, si tende sempre ad operare almeno in coppia – spiega il volontario – . Portiamo sempre con noi le radio e possiamo essere tracciati con posizionamento GPS dalla nostra centrale operativa di Lecco. Anche per noi valgono sempre le regole buone per tutti: essere sempre rintracciabili in montagna».

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Pubblicato il 21 Luglio 2011
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