Abbiate porterà l’acqua ad Haiti

Intervista a don Giuseppe Noli, tornato in paese per pochi giorni. Mercoledì riparte con dieci volontari per iniziare a costruire un acquedotto a Marrouge, una comunità di 30mila persone

«Abbiate Guazzone e Marrouge, la città di Haiti, sono ormai legate indissolubilmente».
Le parole di don Giuseppe Noli raccontano come avverrà la costruzione di un acquedotto che porterà l’acqua nella città di 30mila abitanti. Un’impresa possibile non solo grazie alla raccolta di soldi, ma al lavoro di una decina di persone, tra elettricisti, ingegneri, architetti, volontari, che partiranno per Haiti insieme a don Noli. Il sacerdote  nei giorni scorsi è tornato a Tradate, dopo due anni di assenza, tutti passati a Marrouge dove si trova dal 2003.
Lo incontriamo poco dopo la messa delle 9 del mattino, a cui, nonostante l’orario, hanno partecipato più di cento persone. Don Giuseppe è stato prete ad Abbiate, la comunità parrocchiale (e non solo) lo ha nel cuore. Nel 1990 ha voluto andare a Huacho in Perù per aiutare la popolazione. La comunità di Abbiate non l’ha dimenticato e l’ha aiutato in questa missione. Nel 2003 Don Giuseppe capisce di aver chiuso un percorso e chiede di essere trasferito ad Haiti, una delle zone più povere del mondo. E qui riparte la nuova ricostruzione, non solo religiosa, ma anche fisica di Marrouge. Da allora i volontari che da Abbiate sono partiti per Haiti sono diventati una costante. Tanto che anche parroco Don Mauro Brescianini, dopo dieci anni ad Abbiate, ha raggiunto don Noli.
«Il rapporto tra Abbiate e Marrouge è profondo, continuo, reale, indispensabile – spiega Don Giuseppe Noli -. Fino al punto di poter mettere in piedi vere opere come case, scuole, la chiesa che si sta finendo e adesso l’acquedotto. La presenza e l’azione degli abbiatesi è fondamentale, non solo economicamente. Ormai sono due realtà che vivono insieme».
 
Marrouge si trova a cento chilometri circa dalla capitale, ma ha comunque risentito del terremoto del 2010…
«Non è solo il terremoto. Certo, è stato tremendo, ma Haiti è una nazione costantemente colpita da calamità naturali che azzerano sempre tutto. I cicloni sono ormai nella norma, il terremoto, il colera, tutto in una situazione che è di estrema povertà. Ma la gente è capace di reagire di fronte a questa realtà perché è forte, è una razza selezionata dalla natura».
 
In che senso?
«Storicamente sono sempre stati schiavi, ne hanno passate di tutti i colori e adesso hanno voglia di riscatto. C’è un rapporto con il divino molto speciale, il Vangelo si è infilato in un sottofondo religioso ancestrale. In tutto questo c’è una gran voglia di riprendersi, nonostante le calamità».
 
Quando arriva in Italia, qual è lo stacco maggiore che subisce?
«Sicuramente le macchine e le strade. Qui è tutto così… perfetto. Una perfezione fin troppo ricercata, anche nel cibo e nella esagerata comunicazione. Tutte cose che da noi sono molto lontane. La gente cerca comunque la sua dignità, basta un bel vestito e un paio di scarpe per andare a messa».
 
Secondo lei cosa è cambiato in questi anni?
«La realtà è molto complicata, i cambiamenti sono difficili. Ci sono, ma sono lenti, proprio a causa delle calamità che azzerano tutto ogni volta. Più che la realtà, è la speranza che sostiene la vita della gente. I cambiamenti sono relativi, ma nelle persone c’è sempre questa speranza che qualcosa migliorerà».  
 
A Haucho disse che aveva chiuso un percorso. A Marrouge a che punto è la sua “missione”?
«Nella vita ognuno di noi ha degli obiettivi. In ogni persona c’è uno strato sociale che si può leggere come espressione e azione di Dio. Non so ancora quando finirà, c’è molto da fare. Oltre all’attività parrocchiale che è intensa, c’è la speranza di questo popolo da seguire, assecondare, far crescere».
 
Qual è ora l’impegno più grande?
«Dopo la costruzione della chiesa, sarà sicuramente l’acquedotto. Adesso a Marrouge la gente va direttamente alla fonte a prendere l’acqua, a 1,5 km dalla città. Ci vogliono anche due ore. Grazie alla comunità di Abbiate è stato realizzato un progetto per l’acquedotto, tutto in salita, che funziona con delle pompe e con canali di distribuzione. Progetto che inizieremo a realizzare con gli abbiatesi che partiranno con me mercoledì prossimo. Sono una decina, architetti, ingegneri, elettricisti, volontari, che avvieranno la costruzione e la seguiranno».
 
Le persone di Marrouge come vivono tutto questo?
«Con estremo entusiasmo. La gente di Marrouge riconosce l’azione che la comunità di Abbiate e Tradate fa per loro. Ne è molto grato e ringrazia sempre tutti. Ci vorranno 6 o 7 mesi per vedere l’acquedotto realizzato. Questo sì che potrà essere un vero cambiamento. Per tutti».
 
Don Giuseppe è emozionato quando racconta. Nei prossimi giorni celebrerà diverse messe in paese. Usa spesso il “noi” quando racconta, sia quando parla di Abbiate, sia quando parla di Marrouge. Come se la sua casa, la sua “gente”, fossero in entrambi i posti. Come se il suo posto nel mondo fosse ovunque.  
 
I volontari che partiranno con Don Noli sono l’ingegner Pier Brugnera, l’architetto Bertani, Antonio Bascialla, Franco Beghi, Roberto Mariotti, Angelo Trotti. Per chi vuole contribuire al progetto per Marrouge può scrivere al Gruppo Missionari di Abbiate Guazzone a antonio.bascialla@alice.it  

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Agosto 2011
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